8 giugno 2008

...a proposito di architettura in mutande, brache politiche e uomo resort...


...architettura in mutande,
"Quello che gli artisti hanno trovato nel sistema delle gallerie, dei curatori e nel mercato dell’arte, gli architetti lo hanno trovato nelle vetrine e negli stilisti. Anzi, afferma La Cecla, gli architetti hanno direttamente «preso il posto della maglietta firmata, sono diventati quella maglietta e quel paio di mutande». E una volta che sono diventati mutande, anche i mass media si sono accorti degli architetti." Tratto da: Pierluigi Panza, 'La moda ha ucciso l'architettura', Corriere della Sera del 22 maggio 2008.

L'antropologo Franco La Cecla non ha tutti i torti, ma i problemi in Italia sono da ricercare tra: i palazzinari, i tecnici compiacenti e gli accademici borbottoni (Segue: Pierluigi Panza 'Architetti: la moda non fa paura' Corriere della Sera del 23 maggio 2008). Benvenuti nell'Italia 2;

...brache politiche,
«La qualità dell’architettura è sempre stata, in larga parte, dettata dalla politica, soprattutto la qualità dell’architettura pubblica, la qualità dell’architettura monumentale […] Io credo che è molto pericoloso non vedere se ci sono responsabilità nel governo del territorio, nel governo della città, nella distribuzione e organizzazione delle opere di architettura, queste stanno alla politica. […] E’ molto pericoloso far credere, a noi architetti, di essere così potenti da poter perfino determinare le scelte politiche, quanto invece il nostro ruolo, fondamentale, è un ruolo di traduzione in vetro, in pietra, in ferro, in cemento di scelte che non prendiamo noi, quindi io trovo che quest’atteggiamento di denuncia così confusa e generalizzata dell’architettura rischi poi di nascondere le vere responsabilità, che ripeto sono politiche». Stefano Boeri a Radio Tre 'Fahrenheit', Declinare la democrazia, del 30 maggio 2008. Lo ripeto anch’io: in Italia le responsabilità sono politiche. Palazzo Italia 2;

...uomo resort...
«Occorre diffidare del viaggio, quando non è una necessità o una forma di vita. Dettato dalla curiosità, è l’espressione dell’irresponsabilità umanistica». Renato Solmi. Per chi si è perso ‘Festarch’ interessante sezione video dell’evento, quest’anno dedicato al ‘Turismo planetario’. Italia 2 resort.

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3 commenti:

  1. Boeri dice una cosa vera ma così ovvia che il solo dirlo mi sembra una via di fuga per deresponsabilizzare gli architetti.
    Tutti sappiamo che gli architetti e le loro scelte dipendono dai loro committenti e dal potere, cioè dalla politica. Ma se si vuole parlare di architettura si deve parlare di architetti e dei loro prodotti, perdendo l'abitudine tutta italiana di rimandare ad altri la responsabilità. Molti di noi hanno scheletri nell'armadio, me compreso, di cui potrei accusare, con ragione, anche altri ma un professionista è tale se si assume le proprie responsabilità perchè, di norma, per quel lavoro è stato pagato. Perchè le archistar dovrebbero avere un salvacondotto? Non svicoliamo per favore.
    Grandissime sono le responsabilità della politica ma, per fare un esempio, quanto siano grandi le responsabilità degli architetti lo dice l'ex sindaco del PCI di Sesto San Giovanni in questa intervista alla Stampa che consiglio di leggere, anche a Boeri.
    http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/societa/200804articoli/31819girata.asp
    Quanto a La Cecla nel mio blog ho inserito un nuovo post in cui c'è la prova provata, lampante, evidente di quanto abbia ragione.
    Saluti
    Pietro Pagliardni

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  2. Pietro Pagliardini,
    non mi scandalizza l’edificio ‘brand’ di Louis Vuitton e non mi preoccupa la curvatura del grattacielo di Libeskind. Queste ‘speculazioni architettoniche’, possono essere anche correte per Tokyo o Milano. Le mie preoccupazioni stanno nelle idee di Sirica che ci rappresenta, nei dogmi vuoti (città storica, restauro “com’era dov’era”, periferia intesa come corpo estraneo), nei volti delle palazzine o villette nelle città medie italiane, nei pregiudizi dettati dall’ignoranza (nella sua accezione ignorare) nei confronti delle nuove piattaforme di disegno, nell’idea antievoluzionista del fare architettonico, nei monologhi degl’architetti accademici, nella cecità di molti politici gestionali.
    Inoltre parole come design e moda sono profondamente italiane, perché bisogna essere così critici? Perché non cominciamo a parlare di architettura e non di TG4, ponte sullo stretto o intercettazioni?

    P.S.: Secondo lei serve ancora capire chi ha distrutto l’Italia? E’ chiaro che viene e veniva gestita dai partiti di destra e sinistra.
    Di Penati avevo parlato in un mio post: http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2008/04/0016-citta.html

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  3. Caro d'Agostino
    qualche volta siamo d'accordo e qualche volta no. Ma questo non è un problema. Ad esempio siamo assolutamente dalla stessa parte su Sirica, il CNA e gli ordini (non lo nominiamo troppo per non dargli importanza) ma non tanto per quello che dice (a chi interessa?) ma per quello che rappresenta, cioè la conservazione vera, assoluta di un sistema corporativo, autoreferenziale e decisamente superato.
    Sul resto penso che abbiamo approcci diversi al problema: io non voglio e non posso capire tutto e tutto insieme, mi interessa un problema, e tu sai qual'è. Credo anche che quando si vuol risolvere tutto si rischia di arrivare a niente secondo la massima che "il meglio è nemico del bene".
    Il problema della scadente qualità dell'edilizia di base, cioè del 95%del totale che si costruisce, è gigantesco ma su quello credo che il dibattito sia più locale che nazionale, dove per locale intendo regionale e comunale. Mentre l'università potrebbe essere influenzata dal dibattito generale.
    Nella mia città se ne parla da sempre ma, gira, gira, le posizioni sono sempre due: chi è per la creatività (cioè le schifezze che ci sono in giro) e chi è per il rispetto dei luoghi e regole costruttive (non le leggi). Io ho scelto la seconda posizione. Tutto qui
    Quanto alla politica ho citato l'articolo della Stampa perchè significativo di un periodo storico che ho personalmente vissuto e non per farne un uso strumentalmente politico, anche se sarebbe sciocco negare che le leggi urbanistiche in Italia sono figlie della cultura di sinistra, come ha capito benissimo Penati, e la maggior parte profondamente impresentabili. Il tuo post su Penati sinceramente non l'avevo letto ma l'articolo è venuto fuori dalle mie spasmodiche ricerche nella stampa on line.
    Cordiali saluti
    Pietro

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