29 settembre 2010

0079 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] Si preferisce 'chi non fa il filosofo'

Chi sono i blogger?
Semplicemente i titolari (come li definisce Antonio Sofi) di alcune pagine elettroniche.
Pagine numerate in ordine cronologico inverso.
Dietro le pagine ci sono delle persone.
«SPIRITO LIBERO: Sono uno studente di architettura un po' "attempato" con tanti interessi e tante passioni.
Ho 34 anni, sono di Caserta e, dopo molti (troppi) sacrifici, dopo essere stato preso in giro da subumani datori di lavoro, finalmente sono riuscito ad iscrivermi all'Università.
Ho dieci anni di esperienza come programmatore Web e disegnatore AutoCAD, cinque di professione di geometra, ma quello che è più importante, nessuna di queste mie referenze è certificabile!
Fa niente, a meno che non venga la fine del mondo in questi giorni, dovrei laurearmi nel 2011. Sono fidanzato e vorrei sposarmi, ma non abbiamo un lavoro (soliti problemi).
Stiamo facendo il possibile per creare una società (lei è laureata in Conservazione dei Beni Culturali) mettendo insieme la mia esperienza di programmatore e la sua professione di Storico dell'Arte e Bibliotecaria.
Ci riusciremo.
Un giorno.
Forse non lontano.
Forse...»


L’inchiesta, interessante, ha prodotto numerosi spunti di riflessione, eppure era partita con due, apparentemente semplici, domande, dirette ed a bruciapelo. Le risposte non sono state univoche e non è emerso un solo architetto noto, ma tanti, senza contare i non noti che sono stati anche di più. Alcuni ipotizzano come causa di questo fenomeno la mancanza di un riferimento univoco da seguire/non seguire come un trattato o una scuola architettonica o uno stile architettonico ben codificato. Altri lo addebitano alla profonda crisi socio-politica e culturale italiana ed al cronico ritardo nel recepimento di determinate correnti culturali che oggi più che mai fa sentire i suoi effetti. 

Ma se le risposte sono state così diverse, così non è stato per i commenti a queste. In tutti traspare un pensiero comune: la crisi socio-politica e culturale che tanta importanza riveste nel discorso architettonico. Non è più possibile lavorare in un sistema che preferisce l’edilizia del massimo profitto all’architettura, l’urgenza alla pianificazione, il “compagnuccio della parrocchietta” al concorso pubblico: così non si fa architettura, ma affare, di pochi e sempre gli stessi. Quando si tratta poi di un evento internazionale, ecco che appare non l’archistar, ma il Demiurgo in persona, colui che da solo, si crede possa rimettere in ordine ed in equilibrio l’intero sistema urbano, anche lontano da questo o anche vedendolo soltanto in foto (ed oggi anche con GoogleMaps® e StreetView®). 

Ma la crisi culturale non riguarda solo fattori esterni, ma anche fattori interni: gli architetti stessi e quelli in “nuce” cioè, gli studenti delle facoltà di architettura. Si sta manifestando, in maniera sempre più palese, il problema relativo ad una certa facilità delle facoltà universitarie e questo è un fattore preoccupante poiché gli effetti, probabilmente devastanti, si avranno fra qualche anno e continueranno perché una parte di questi studenti non uscirà dalle università per intraprendervi una carriera che sarà costellata, se le cose continueranno ad andare alla stessa maniera di oggi, di pubblicazioni “A cura di”, scritte male, stampate peggio, spesso costose fuori da ogni congruità oggettiva, utili nei curriculum per i tanto agognati concorsi da associato che però sono nelle mani di chi nell’università è già da tempo trapanato sulla sedia. Ad onor del vero, da studente, come uso dire, “attempato”, devo dire che c’è chi nelle università si impegna, sia esso ricercatore (pluri)confermato o ordinario, ma resta il fatto che l’eccesso di atenei spesso distanti pochi chilometri gli uni dagli altri e con le stesse facoltà universitarie, creano un’oggettiva concorrenza che può essere combattuta facendo trapelare una certa “leggerezza” nel dare esami rispetto alla facoltà concorrente, così da attrarre più utenti (orrore!). Altre volte qualche facoltà presenta un piano di studi con meno esami (magari vengono tolti i moduli), oppure vengono proposte facoltà di architettura senza esame di restauro (che detto fra noi, facoltà del genere, le considero da quattro soldi), che formano architetti legalmente identici a chi quell’esame l’ha dato e, spesso, più volte e che magari vedrà fra i suoi ex-iscritti anche Soprintendenti. 

Si, le università stanno diventando facili e non va bene. L’università è il tempio del libero pensiero non il botteghino dove staccare il biglietto per la vita professionale, anche se fuori ci sono papà o zizì che aspettano a braccia aperte “quello con la carta” che farà risparmiare loro tanti bei soldini.
Le università dovrebbero offrire qualità nell’insegnamento piuttosto che semplicità nel collezionare esami e garantire il diritto allo studio non significa assicurare una laurea a tutti, ma offrire un’opportunità e chi ne comprenderà l’importanza sarà un professionista che conoscerà il suo mestiere e la selezione sarà naturale, non burocratica. 

Forse l’Italia è l’unico paese al mondo nel quale, nelle facoltà scientifiche, c’è anche un approccio umanistico nell’insegnamento che ha antiche origini profondamente radicate nella nostra storia: questo è un pregio da non mettere in secondo piano, ma da valorizzare, secondo il mio modesto parere. Oggi il risultato finale di questi insegnamenti non si vede poiché già durante il percorso di studi si evidenziano carenze di preparazione di base. Gli studenti non leggono e, se lo fanno, sono letture “indotte”, cioè suggerite con finalità didattiche e che vengono affrontate come male necessario per raggiungere l’esame finale. 

Naturalmente il discorso è generale. Ci sono le eccezioni e fortunatamente, spesso, sono formidabili eccezioni. Sono, però, poco visibili, anche dopo la laurea, perché sommersi dalla mediocrità del “campare quotidiano” o dalla sub-cultura dilagante che favorisce chi “non fa il filosofo”  o chi antepone l’interesse a tutto. Sarebbe bello se l’eccezionalità diventasse la regola, ma qui si ritorna al problema di apertura: la crisi socio-politica e culturale.

29 settembre 2010
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L'indice dell'inchiesta:

Prologo: Maledetti imbianchini


Gli interventi:

Gli architetti dell’inchiesta

  • 3XN [1]
  • Aadrl [1]
  • Abcarius & Burns [1]
  • AKT (Adams Kara Taylor) [1]
  • Alberti, Emilio [1]
  • Alles Wird Gut [1]
  • Altro Modo [1]
  • Altro_studio (Anna Rita Emili) [1]
  • Amatori, Mirko [1]
  • Antòn Garcìa-Abril & Ensamble Studio [1]
  • Aragona, Guido [1]
  • Aravena, Alejandro [1]
  • Archingegno [1]
  • Architecture&Vision [1]
  • Architecture for Humanity (Cameron Sinclair) [1]
  • Archi-Tectonics [1]
  • Asymptote Architects [1]; [2]
  • Atelier Bow Wow [1]
  • Ban, Shigeru [1]
  • Barozzi-Veiga [1]
  • Baukuh [1]
  • Baumschlager & Eberle [1]
  • Blogger donne (Lacuocarossa, Romins, Zaha, LinaBo, Denise e tante altre) [1]; [2]
  • Bollinger+Grohmann [1]
  • BM [1]
  • C&P (Luca Cuzzolin e Pedrina Elena) [1]
  • C+S (Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini) [1]
  • Calatrava, Santiago [1]; [2]; [3]; [4]
  • Campo Baeza, Alberto [1]
  • Carta, Maurizio [1]
  • CASE (David Fano) [1]
  • Catalano, Claudio [1]
  • Cirugeda, Santiago [1]
  • Clément, Gilles [1]
  • Cogliandro, Antonino [1]
  • Contemporary Architectural Practice - Ali Rahim [1]
  • Contin, Giulio [1]
  • Coppola, Dario [1]
  • Cosenza, Roberto [1]
  • Critical garden [1]
  • Cucinella, Mario [1]; [2]; [3]
  • Dal Toso, Francesco [1]
  • De Carlo, Giancarlo [1]
  • Decq, Odile [1]
  • Design Institute Cinesi [1]
  • Diffuse, Luca [1]; [2]
  • Diller Scofidio+Renfro [1]; [2]
  • Dogma [1]
  • Douglis, Evan [1]
  • Duminuco, Enzo [1]
  • Eifler, John [1]
  • Eisenman, Peter [1]; [2]
  • Elastik (Igor Kebel) [1]
  • EMBT | Enric Miralles - Benedetta Tagliabue | Arquitectes associats [1]; [2]
  • Emergent Architecture (Tom Wiscombe) [1]
  • Ferrater, Carlos [1]
  • Florio, Riccardo [1]
  • FOA [1]
  • Galantino, Mauro [1]
  • Garzotto, Andrea [1]
  • Gehl Architects [1]
  • Gehry, Frank Owen [1]; [2]
  • Gelmini, Gianluca [1]
  • Grasso Cannizzo, Maria Giuseppina [1]; [2]
  • Graziano, Andrea [1]; [2]
  • Graypants (Seth Grizzle e Jon Junker) [1]
  • Gregotti, Vittorio [1]
  • Guidacci, Raimondo [1]
  • Hadid, Zaha [1]; [2]; [3]: [4]
  • Hensel, Michael [1]
  • Herzog & De Meuron [1]; [2]
  • Holl, Steven [1]
  • Hosoya Schaefer architects [1]
  • Ingels, Bjarke [1]
  • Ishigami, Junya [1]
  • Kahn, Louis [1]
  • Kakehi, Takuma [1]
  • Knowcoo Design Group [1]
  • Kokkugia [1]
  • Koolhaas, Rem [1]; [2]; [3]
  • Kudless, Andrew [1]
  • Kuma, Kengo [1]; [2]
  • Lacaton e Vassal [1]
  • Lancio, Franco [1]
  • Libeskind, Daniel [1]
  • Le Corbusier [1]
  • Lomonte, Ciro [1]
  • Lynn, Greg [1]
  • MAB [1]
  • Made In [1]
  • Mau, Bruce [1]
  • MECANOO [1]
  • Melograni, Carlo [1]
  • Menges, Achim [1]
  • Moodmaker [1]
  • Morphosis [1]
  • Munari, Bruno [1]
  • Murcutt, Glenn [1]; [2]
  • MVRDV [1]
  • Najle, Ciro [1]
  • Njiric, Hrvoje [1]
  • Notarangelo, Stefano [1]
  • Nouvel, Jean [1]
  • Ofis [1]
  • Oosterhuis, Kas [1]
  • Oplà+ [1]
  • Oxman, Neri [1]
  • Palermo, Giovanni [1]
  • Pamìo, Roberto [1]
  • Parito, Giuseppe [1]
  • Park, Sangwook [1]
  • Piano, Renzo [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]
  • Piovene, Giovanni [1]
  • Pellegrini, Pietro Carlo [1]
  • Pizzigoni, Pino [1]
  • Porphyrios, Demetri [1]
  • R&Sie(n) (Francois Roche) [1]; [2]; [3]; [4]
  • RARE office [1]
  • Raumlabor [1]
  • Rogers, Richard [1]
  • Ruffi, Lapo [1]
  • Salmona, Rogelio [1]
  • SANAA (Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa) [1]; [2]; [3]; [4]
  • Sandbox [1]
  • Sanei Hopkins [1]
  • Sauer, Louis [1]
  • Schuwerk, Klaus [1]
  • Servino, Beniamino [1]
  • Siza, Alvaro [1]; [2]; [3]; [4]; [5];[6]
  • Soleri, Paolo [1]
  • SOM [1]
  • Sottsass, Ettore [1]
  • Souto de Moura, Eduardo [1]; [2]; [3]
  • Spacelab Architects (Luca Silenzi e Zoè Chantall Monterubbiano) [1]
  • SPAN (Matias Del Campo+Sandra Manninger) [1]
  • Spuybroek, Lars [1]
  • Studio Albanese [1]
  • Studio Albori [1]
  • Studio Balbo [1]
  • StudioMODE + MODELab [1]
  • Supermanoeuvre [1]
  • Tecla Architettura [1]
  • Tepedino, Massimo [1]
  • Terragni, Giuseppe [1]
  • Tscholl, Werner [1]
  • Tschumi, Bernard [1]
  • Uap Studio [1]
  • Uda [1]
  • UN Studio (Ben Van Berkel) [1]; [2]
  • Vanelli, Nildo [1]
  • Vanucci, Marco (Open System) [1]
  • Verdelli, Roberto [1]
  • Vulcanica Architettura [1]
  • Wiscombe, Tom [1]
  • Zoelly, Pierre [1]
  • Zordan, Filippo [1]
  • Zucca, Maurizio [1]
  • Zucchi, Cino [1]
  • Zumthor, Peter [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]

Epilogo: Il massimo di diversità nel minimo spazio

Note conclusive sull'inchiesta:

3 commenti:

  1. Francesco,
    il tuo racconto di pancia descrive bene il nostro precario stato di civiltà.
    Il degrado politico culturale non più essere trascurato.
    L’architettura e il progetto urbano risentono del nostro livello di degrado civico.
    Condivido molto di ciò che dici, ma serve attivare nuove dinamiche e non fidarsi più di ciò che abbiamo ereditato.
    Coraggio preparati a soffrire (parafrasando il finale della lettera al figlio del professor Celli).
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  2. ma poi l'hanno creata la società moglie/marito? Tifiamo per loro.

    RispondiElimina
  3. REM,
    siamo in due.
    Ieri il nostro presidente Napolitano esortava gli studenti a ritornare in Italia dopo la fine del percorso di studi all'estero
    Mi chiedo perché nessuno si preoccupa di porsi la domanda opposta, ovvero, perché gli studenti più 'interessanti' vanno via dall'Italia?
    E dopo, perché dovrebbero ritornare in Italia?
    Quali sono le prospettive lavorative di un neo-laureato 'medio-alto'?
    Ma non vorrei fare retorica.
    Iniziamo da zero.
    Questa Italia astiosa e includente non esiste.
    Io vivo nella Magic Italy.
    Saluti,
    Salvatore D'Agostino

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