3 gennaio 2013

Narrare l'urbanistica alle élite

di Salvatore D’Agostino

«Il libro di Attilio e Gemma Belli ha il pregio, anche se a tratti discontinuo, di entrare in queste due estreme narrazioni e, più che fare l'agiografia del Mondo e del suo sfondo culturale, ne delinea i limiti di un errato doppio racconto, auspicando una nuova narrazione urbanistica, "fuori da catastrofismi, ma anche trionfalismi", per uscire dal corto circuito narrativo dell'élite e iniziare a raccontare, con dignità, la 'svolta narrativa' civile e urbana inclusiva e non esclusiva del 'passo' del Novecento.»
Questo è il finale di una recensione che ho scritto per Domus, l’inizio prende spunto dalla foto che ho riportato di seguito, se vi va potete leggere l'intero articolo qui.





3 gennaio 2013


8 commenti:

  1. bellissimo articolo quello di domus... un mondo che non c'è più mi vien da dire. e questo è il vero peccato. eppure gente che si esprime... che ha da dire e che sa come dirlo ce n'è. si tratta forse di battagliare ancora negli ambiti preposti, quelli cioè meno dispersivi. perché i blog sono utili per far sentire la propria voce ma poi...

    questa foto mi ricorda un po' il quarto stato...

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    1. Efrem,
      grazie.
      L’elenco dei corpi del novecento è vasto ad esempio l’ambulante di stoffe Ferdinando Bocconi, l’operaio Leonardo del Vecchio (orfano e pure lui educato nel collegio Martinitt), il pasticcere Pietro Ferrero. Uomini del novecento in grado d’inventarsi dal niente qualcosa che ha caratterizzato l’Italia. Barbari, come qualcuno li chiamerebbe oggi, poiché uomini intuitivi e non educati ‘dal sistema della società borghese’.
      La foto del 1902 è stata scattata un anno dopo il quadro di Giuseppe Pellizza da Volpedo in questo caso il pittore include nella scena le donne e i bambini forse per un dare maggiore rilievo politico alla sua opera.
      Credo, ma forse sbaglio, che la donna in quegli anni non avrebbe mai manifestato pubblicamente insieme con gli uomini.
      Resta una mia considerazione.

      Saluti,
      Salvatore D’Agostino

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    2. in effetti difficile vedere donne manifestare in quel primo 900, con uomini... in italia poi!
      ciao!

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    3. Efrem,
      resta il passo orgoglioso del novecento; solo corpi senza vessilli che scendono per strada per cambiare ciò che non va.
      Quei volti orgogliosi, nella foto più che nel quadro, raccontano tanto.

      S

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  2. Ricordo che 111 anni fa, Trieste non era in Italia ma in Austria-Ungheria. La mancanza di bandiere era un'obbligo preciso: le autorità imperiali avevano concesso la festa del I Maggio purché si svolgesse senza bandiere nè discorsi ufficiali, e ciò non tanto per reprimere il movimento operaio, quanto per prevenire i disordini interetnici avvenuti negli anni precedenti.
    La composizione etnica di Trieste all'inizio del XX secolo era la seguente, in ordine:

    1- Sloveni
    2- Italiani
    3- Tedeschi
    4- Ebrei
    5- Croati
    6- Ungheresi

    Notare come gli italiani fossero solo secondi, dato che la maggioranza relativa della popolazione era, allora, Slovena.

    Vil Geometra Austroungarico.

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    1. Vil Geometra Austroungarico,
      grazie mille per questa preziosa precisazione.

      Saluti,
      Salvatore D’Agostino

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    2. Con la partenza di gran parte dei Tedeschi, Sloveni e Ungheresi, nel 1918, la maggioranza relativa divenne Italiana.
      Dopo il nazismo e lo sterminio degli Ebrei, dal 1945, gli Italiani divennero maggioranza assoluta.

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