3 dicembre 2013

0052 [SPECULAZIONE] Alberto Pugnale | Engineering Architecture: come il virtuale si fa reale

di Salvatore D'Agostino 
«Dopo un lungo periodo di progressiva separazione, con lo sviluppo delle tecnologie informatiche architettura e ingegneria si stanno gradualmente riavvicinando. È un fenomeno che ho qui semplicemente tentato d’introdurre e che personalmente chiamo ‘Engineering Architecture’.» (Alberto Pugnale)
Engineering Architecture è un termine che Alberto Pugnale ha cesellato in questi anni di esperienza didattica e lavorativa, attraverso un’accurata analisi dello sviluppo storico delle tecnologie e una ricca comparazione con testi ed esperienze globali.

Engineering Architecture chiarisce tre aspetti (ma ce ne sono molti altri):

  • il primo spiega molti termini nati con l’uso delle tecnologie informatiche attraverso un’attenta ricostruzione storica;
  • il secondo ci aiuta a diffidare dei neologismi che cercano di incasellare le diverse esperienze delle tecnologie informatiche in architettura e ingegneria;
  • il terzo c’invita a non classificare i processi storici attraverso nette separazioni concettuali tra l’era attuale e quella storica.
Ringrazio il professore Alberto Cuomo per aver acconsentito alla pubblicazione di questo saggio scritto per la rivista da lui diretta ‘Bloom’, n.14, settembre/ottobre/novembre 2012.*





ENGINEERING ARCHITECTURE: COME IL VIRTUALE SI FA REALE

   Negli ultimi vent'anni l’impatto del digitale in architettura è cresciuto esponenzialmente, manifestandosi nei ‘BLOB’ informi di Greg Lynn1, come anche nelle cosiddette ‘free-form’ dei NOX2. L’aggettivo ‘free’ identifica la libertà di generare forme architettoniche a prescindere da ogni principio compositivo, statico o costruttivo, e si estremizza, ad esempio, nella ‘trans-architettura’ puramente virtuale di Marcos Novak3. Il computer insidia il lavoro concettuale del progettista come la realizzazione delle sue opere. Attraverso la fabbricazione a controllo numerico, il ‘file-to-factory’, il gruppo Objectile4 sfida la produzione seriale dell'industrial design. Così un unico modello digitale parametrico si concretizza in molteplici variazioni spaziali uniche, sempre nuove.

   Già citando questi pochi esempi, probabilmente i più conosciuti tra quelli esposti al Centre Pompidou di Parigi nel 2003-4, in occasione della mostra “Architectures non-standard5, si evidenzia l’intrinseca difficoltà nell'inquadrare teoricamente e storicamente l’uso di tecnologie digitali in architettura.

   L’eterogeneità dei progetti sperimentali coinvolti è etichettata dai curatori Zeynap Mennan e Frédéric Migayrou con il termine ‘non-standard’. Originariamente coniato da Bernard Cache del gruppo Objectile con riferimento alla fabbricazione a controllo numerico di elementi diversi6, cioè non seriali, allo stesso costo progettuale e costruttivo di quelli comunemente standardizzati, è qui semplicemente usato per richiamare la natura organica dei lavori esposti7.


   Il ‘non-standard’ si presta però a un’interpretazione anche più specifica, che tende a far risaltare le peculiarità e le diversità dei progetti sviluppati con l’ausilio di computer, ma non ne preclude necessariamente una lettura in continuità con periodi e movimenti architettonici passati.


   Gli approcci di critici e riviste di settore come “Architectural Design”, che invece coniano nuove etichette per il fenomeno del digitale a un ritmo incessante8, come architettura generativa, evolutiva e il ‘performative design’, fanno pensare all'informatizzazione come a una pesante massa omogenea catapultata improvvisamente sull'architettura dal nulla. Sono termini che rivendicano una distanza dal passato e ne ignorano le eventuali interrelazioni.


   L’integrazione di tecniche informatiche nelle varie fasi progettuali e costruttive si radica nell'architettura stessa passando attraverso i suoi specialismi. Ricerca e innovazione ne scrivono gradualmente la storia. È un intreccio complesso che attraversa l’ingegneria strutturale e il disegno industriale, ispirandosi a campi apparentemente lontani dal mondo delle costruzioni, come l’intelligenza artificiale e il cognitivismo.



   Alcune brevi storie possono guidarci nell'impresa di sbrogliarlo, mettendo in risalto i dettagli di vicende originariamente separate, purtroppo sempre più accorpate sotto la generica etichetta ‘digitale9.

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  Il Computer-Aided Design (CAD) automatizza il lavoro paziente e preciso della rappresentazione tecnica. Non si predispone per sua natura a stravolgere le fasi concettuali del progetto, ma facilita e velocizza il flusso di lavoro, diffondendosi a macchia d’olio negli studi professionali. Acquisito direttamente dal mondo della meccanica, si colloca cronologicamente agli albori dell’informatizzazione in architettura, ed erroneamente si tralasciano alcuni importanti tasselli, antecedenti il rilascio dei principali software commerciali datati Ottanta e Novanta.

   Nello studio americano SOM (Skidmore, Owings and Merrill) i computer iniziano, infatti, a popolare il settore amministrativo già negli anni Cinquanta. Nell'arco di un decennio si allargano poi al gruppo progettuale, che vanta l’acquisto di un IBM-1620 da dedicare a studi strutturali complessi ed energetici degli edifici.


   Architetti e ingegneri messi di fronte a rudimentali calcolatori privi di programmi seppero immaginare, più liberamente di oggi, come sviluppare una sinergia con i loro nuovi e inseparabili compagni di viaggio.

   Col supporto di programmatori ed esperti d’informatica, tra i quali il partner Douglas Stoker, nonché con accordi direttamente stipulati con IBM, il gruppo di SOM, capitanato da Bruce Graham e dall’ingegnere Fazlur Khan, concepisce poi negli anni Ottanta un programma denominato Building Optimization Procedure (BOP), volto all'abbattimento dei costi di costruzione degli edifici.

   Concettualmente, è un rozzo predecessore dei software che oggi chiameremmo Building Information Modeling (BIM)10, i quali attraverso un unico modello tridimensionale ‘ricco’ d’informazione raccolgono e gestiscono non solo dati geometrici, ma anche strutturali, energetici e costruttivi dell’edificio, relazionandoli tra loro e migliorando così l’interazione e il dialogo tra le figure progettuali coinvolte nel processo.

   Seppur lontane anni luce da tale definizione, le doti del BOP sono comunque affini ai prodigi dei più recenti BIM per principio e concezione, ispirandosi e rispondendo direttamente a specifiche esigenze progettuali.

   La potenza delle grandi case informatiche non concede a questo e ad altri programmi firmati SOM una lunga sopravvivenza sul mercato. L’inevitabile vendita a IBM non frena però John Zils, partner associato e attuale responsabile del gruppo strutturisti di SOM Chicago, di riflettere così su un nodo chiave dell’informatizzazione in architettura:
«Eravamo abituati a crearci da soli il software su misura per quello che volevamo fare… E adesso ci troviamo a dipendere da altri che fanno le cose per noi e che, naturalmente, non le fanno nel modo in cui noi vogliamo farle. Ci troviamo sempre a dover valutare i diversi software per trovare quello che si avvicina di più alle nostre esigenze.»11

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   L’amore/odio per i computer può in parte ricondursi alla continua presenza di tale tensione, cioè alla naturale distanza tra il programma ideale, ipoteticamente rilasciato su misura del progettista, e il software commerciale di massa, che tenta di adattarvisi per quanto possibile.

   È il dilemma al centro delle ricerche di Robert Aish, informatico di formazione e specializzato nello studio dell’interazione uomo-macchina, che, prima in collaborazione con ARUP, poi Bentley, e infine all'interno del gruppo Autodesk Research, concepisce e sviluppa software specifici per la progettazione architettonica.

   Consapevole di come i tradizionali CAD automatizzino i dati progettuali a un livello semantico troppo basso, avvalendosi di semplici linee, archi e cerchi per supportare il lavoro concettuale dell’architetto, non vuole però ingabbiare potenziali sprazzi di creatività promuovendo all'opposto, e in maniera altrettanto inefficace, lo sviluppo di programmi che già forniscono librerie di muri, porte e finestre.

   Aish s’interroga quindi sull'esistenza d’invarianti all'interno del processo progettuale, ricercando quei pattern ricorrenti e generali che ne svelino il potenziale di standardizzazione informatica.

   Il rilascio di prodotti come GenerativeComponents e Autodesk Revit gli permettono di affermare che ogni processo progettuale è sempre e comunque basato sulla definizione di elementi e di relazioni tra essi14. È cioè fondato sulla costruzione di spazi topologici piuttosto che metrici.

   Un muro di mattoni si può quindi descrivere attraverso le proprietà base dei suoi componenti, cioè i ‘parametri’ di lunghezza, larghezza e altezza dei laterizi, nonché sfruttando una serie di equazioni che ne stabiliscono le interrelazioni geometriche, in questo caso la reciproca posizione spaziale. L’informatizzazione garantisce integrità a questo sistema, permettendo all'architetto di concentrarsi sulle modifiche numeriche delle sue ‘variabili’, all'interno di domini continui o discreti.

   È in sintesi il concetto di ‘progettazione parametrica’, sul quale Gramazio & Kohler13, architetti e ricercatori prezzo l’ETH di Zurigo, fondano la concezione di progetti come la cantina Gantenbein, in Svizzera.


   Col fine di garantire ventilazione agli spazi interni e protezione dalla luce diretta, reinventano ad esempio l’uso del laterizio disposto a ‘treillage’. Studiano attraverso un modello parametrico del muro, sopra descritto sinteticamente, nuovi motivi che richiamino figurativamente l’uva. Realizzano poi la facciata in moduli prefabbricati a controllo numerico, assemblati in un telaio strutturale di calcestruzzo armato.

   Gramazio & Kohler riciclano poi lo stesso modello parametrico del muro per progettare l’installazione del padiglione svizzero alla Biennale di Venezia 2008, come anche il prototipo Pike Loop, costruito ed esposto nel cuore di Manhattan nel 200914.

   Con un singolo sistema consistente di elementi e interrelazioni esplorano rapidamente molteplici configurazioni spaziali, in quella che Lars Spuybroek, del gruppo NOX, ribattezza nel suo ultimo libro come ‘architettura della variazione’.15>

   Lo stupore è assicurato se a tale lettura si affiancano un paio dei vecchi articoli di Luigi Moretti. In Forma come struttura, pubblicato su “Spazio” nel 195716, e in Ricerca matematica in architettura e urbanistica, stampato su “Moebius” nel 197117, si ritrova infatti una curiosa definizione di ‘architettura parametrica’, nella quale Moretti identifica come ‘parametri’ tutte quelle variabili progettuali che l'architetto deve considerare, e alle quali deve rispondere, per soddisfare esigenze e requisiti funzionali di programma.

   Peccando d’ingenuità, il suo intento è di comprendere, sistematizzare e formalizzare per quanto possibile il processo progettuale. Un’impresa che sfiora l’impossibile, ma merita una menzione per metodo, tentando d’inquadrare l’architettura all'interno di un programma di ricerca scientifico, uno dei primi svolti fondando l’IRMOU, che sta per ‘Istituto per la Ricerca Matematica e Operativa applicata all'Urbanistica’.

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   Tali accezioni del termine ‘parametrico’ non vanno però confuse con la sua declinazione prettamente geometrica. Nella modellazione tridimensionale CAD, in programmi come Rhinoceros o 3D Studio Max, si definiscono parametriche quelle curve e superfici utilizzate per rappresentare accuratamente forme libere, organiche o particolarmente complesse, cioè non riconducibili, se non con l’approssimazione, a geometrie semplici. Nascono nel mondo dell’automotive design come frutto di una ricerca Citroën, e diventano rapidamente un supporto indispensabile dei progettisti, che possono così visualizzare e studiare virtualmente le forme dei futuri modelli di automobili.

   Il primo standard di curve parametriche fu introdotto dal matematico Paul de Casteljau nel 1959, il quale ne definì l’algoritmo di calcolo basandosi sui polinomi di Bernstein. Pierre Etienne Bézier, ingegnere Renault, ne permise poi la diffusione durante il decennio successivo e fu quindi lui a darne il nome definitivo di ‘curve di Bézier18. Ormai obsolete per la modellazione tridimensionale di forme libere, resistono invece nel settore grafico, e sono ancora implementate in programmi come Adobe Illustrator e CorelDraw.

   L’attuale standard per la rappresentazione di curve e superfici parametriche si chiama NURBS (Non Uniform Rational B-Splines)19. Si diffonde in architettura attraverso il software CAD Rhinoceros, e sostituisce i predecessori principalmente perché permette all'utente un miglior controllo delle geometrie create, caratteristica imprescindibile per uno strumento di progetto, quindi di modifica, più che di restituzione grafica.

   Le superfici NURBS si ottengono per interpolazione di curve e si classificano, in base al metodo generativo, in skinned, proporzionali, spine, swept e d’interpolazione bidirezionale. Massimiliano Ciammaichella, descrivendo queste cinque tipologie in “Architettura in NURBS”20, evidenzia come la genesi di tali superfici segua logiche affini ai modi attraverso i quali gli architetti concepiscono gli spazi a esse sottesi. I NOX, per esempio, progettano forme libere sulla base del criterio ‘skinned’, cioè interpolando curve di sezioni giacenti su piani paralleli. Zaha Hadid, invece, rappresenta spesso la dinamicità dei flussi con NURBS ‘proporzionali’, vale a dire ottenute da generatrici convergenti in un punto.

   Ben diverso era l’approccio degli architetti e ingegneri del Secondo Dopoguerra. Opere caratterizzate da un’elevata complessità spaziale, come il Kresge Auditorium di Saarinen, la stazione di servizio BP sull'autostrada Berna-Zurigo di Isler, o il ponte sul Basento di Musmeci, erano, in quel periodo, il frutto di un processo creativo-generativo che saldava indissolubilmente il contributo disciplinare strutturale a quello della ricerca formale. All'inizio del secolo, neppure Gaudí poté disegnare le guglie della sua Sagrada Familia senza prima di studiarne il comportamento meccanico: dovette simulare le proprietà base della pietra con modelli di funi catenarie, e ricondurre quindi il progetto alla risoluzione di un problema di ‘form-finding’, o ricerca di forma strutturale.

   Separare la componente rappresentativa dell’architettura dalla sua anima conformativa era, di fatto, impossibile.



   La natura parametrica di curve e superfici NURBS ne consente l’utilizzo anche come geometrie guida per lo studio e la progettazione di configurazioni spaziali più complesse. Nel caso specifico delle superfici, il più delle volte questo significa compiere un’operazione di ‘paneling’, cioè che discretizza la NURBS in una mesh strutturale e/o una serie di componenti assemblabili, anch’essi parametrici.

   I grid-shell della Fiera di Milano e del centro commerciale MyZeil di Francoforte, entrambi progettati da Massimiliano Fuksas, sono due recenti esempi di procedura di paneling. Da pure e astratte superfici NURBS, le società d’ingegneria incaricate della progettazione esecutiva, rispettivamente Schlaich Bergermann und Partner e Knippers Helbig, hanno ricavato, o meglio progettato e calcolato, i reticoli strutturali, come anche le esatte geometrie degli elementi vetrati di rivestimento21. Il forte impatto estetico delle superfici iniziali ha guidato i progettisti nella ricerca di pattern sobri, che discretizzassero le NURBS senza aggiungervi nuovi elementi decorativi.





   Tuttavia, in parecchi altri progetti, la geometria di partenza è relativamente semplice, e gli sforzi dell’architetto si concentrano proprio nello studio del paneling per conferire organicità o dinamismo all'insieme. È questo il caso del Research Pavilion 2011 dell’università di Stoccarda, frutto del lavoro congiunto dei gruppi di Achim Menges e Jan Knippers22. Il padiglione è infatti un poliedro relativamente semplice dalle facce ottagonali, e che si ispira liberamente ai gusci dei ricci di mare per modularità e comportamento strutturale. Il cuore del progetto è qui nello studio di tali moduli portanti a piastra, nonché nel modo in cui tra loro si giuntano formalmente e assemblano costruttivamente.

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   I comandi base dei CAD commerciali difficilmente permettono agli architetti di gestire complesse operazioni di paneling. Ancor meno consentono di progettare muri parametrici come quelli di Gramazio & Kohler. Le case costruttrici di software, consapevoli di tali limiti, implementano quindi nei loro prodotti dei semplici ambienti di programmazione, basati, ad esempio, sui linguaggi interpretati come Visual Basic o Python. In altre parole, invitano l’utente esperto a estendere da sé le potenzialità native dei programmi, concependo nuove funzionalità attraverso lo sviluppo di piccoli codici, detti ‘script’.

   All'inizio degli anni Novanta, quando le prime versioni di AutoCAD implementavano solamente il macchinoso linguaggio LISP, l’architetto Neil Katz, associato di SOM, già ne vantava una discreta collezione. I suoi codici formulavano parametricamente complessi pattern geometrici, e più volte hanno ispirato l’attività progettuale dello studio: l’involucro della Lotte Tower di Seoul è stato così rapidamente disegnato e calcolato in quanto definito come entità parametrica, allo stesso modo dell’antenna per la Freedom Tower di New York23.

   Da mezzo impiegato passivamente, la tecnologia digitale si trasforma in risorsa progettuale per formulare diversamente i problemi e costruirne poi interattivamente gli strumenti e le strategie di risoluzione.

   È il crescente fenomeno del ‘tooling’ che, seppur etichettato comunemente anche con il termine di ‘scripting’, non ne è concettualmente il sinonimo ma, al contrario, l’evoluzione24. Ricordiamoci, infatti, che lo scripting nasce negli anni Sessanta col mero obiettivo di automatizzare operazioni lunghe e ripetitive, che necessitavano periodiche esecuzioni dalla riga di comando25.

   Rhinoceros, il software CAD di casa McNeel, è il programma in assoluto più utilizzato per sviluppare script in architettura. Le ragioni di tale successo sono molteplici. Nella versione 3.0, rilasciata nel 2003, già implementa un potente motore grafico NURBS, ideale per creare e gestire forme libere, combinato con RhinoScript, un ambiente di programmazione semplice ma completo, basato sul linguaggio Visual Basic. Dalla versione 4.0, invita poi anche i meno esperti a cimentarsi nello sviluppo di codici grazie a Grasshopper, un plug-in che, ispirandosi concettualmente ai diagrammi di flusso creati in Simulink di casa MathWorks, consente agli utenti di ‘modellare’ gli script attraverso un linguaggio grafico.

   Grasshopper si basa sull'utilizzo di semplici routine e funzioni già compilate che, senza alcuna conoscenza di un linguaggio di programmazione, possono essere assemblate tra loro, direttamente dall'interfaccia grafica, per sviluppare algoritmi più complessi. Si tratta di tante piccole scatole nere che, forniti specifici dati in ingresso, eseguono una serie di istruzioni e restituiscono nuovi dati in uscita.

   I limiti di tale approccio sono evidenti e richiamano alla mente la sfortunata esperienza della ‘programmazione automatica’ degli anni Quaranta. I suoi fautori, tra i quali spicca il nome di Grace Murray Hopper, famosa per essere stata la principale responsabile del tanto temuto ‘millenium bug’, si proponevano di realizzare quello che Ford concepì originariamente per la produzione di automobili: impostare, cioè, un sistema basato su parti intercambiabili, per sviluppare nuovi programmi scrivendo semplicemente codici di collegamento tra routine preconfezionate26. Un’idea valida per la catena di montaggio che, nel mondo dell’informatica, irrigidì la procedura di programmazione e si trasformò in un fallimento. La diagnosi è chiara: standardizzazione prematura e a uno sbagliato livello di astrazione.

   Grasshopper è per certi versi più flessibile, e ben si configura come strumento per lo studio di modelli parametrici, da implementare poi in codici più complessi. È pura illusione però presentarlo come la versione semplificata di RhinoScript. Infatti, la difficoltà del tooling non sta nell'apprendere un linguaggio di programmazione, ma nel saper formulare correttamente i problemi da risolvere in maniera parametrica.

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   Le tecnologie digitali stanno radicalmente modificando anche il lavoro degli ingegneri civili. Le tecniche numeriche di calcolo come il FEM (Finite Element Method) rimpiazzano in toto i metodi sperimentali di progetto e verifica delle strutture. Allo stesso modo, non si realizzano più modelli fisici per il form-finding di gusci leggeri in calcestruzzo armato o tensostrutture27. Si passa invece attraverso l’ottimizzazione matematica che, sulla base di uno o più criteri di selezione, sfrutta la potenza di calcolo del computer28 per ricercare iterativamente la soluzione ottimale a un problema tra una serie di candidate29.

   Dal punto di vista progettuale, questo cambiamento è rilevante per almeno tre motivi.

   A differenza del form-finding classico, la topologia del sistema strutturale non è più necessariamente fissa. Può diventare quindi l’oggetto stesso del processo di ottimizzazione, come nel caso del progetto per la nuova stazione TAV di Firenze, sviluppato da Isozaki e Sasaki in occasione del concorso internazionale del 200330. Un’immensa copertura piana è qui sospesa in cielo da una struttura organica, della quale sia la topologia sia la forma finale ad albero derivano dall'uso di una versione perfezionata della tecnica ESO, cioè Evolutionary Structural Optimization31.

La nuova stazione TAV di Firenze di Isozaki e Sasaki

   Data una configurazione spaziale iniziale, e calcolando le tensioni di Von Mises tramite analisi FEM, tale algoritmo rimuove iterativamente le parti di struttura inefficienti, minimizzando in generale lo spreco di materiale. In questo caso, è poi anche in grado di aggiungerne di nuove nei punti più critici, garantendo così all'insieme un comportamento meccanico ottimale.

   Con l’ESO è stata concepita la facciata dell’edificio per uffici Akutagawa West Side, opera dell’architetto Hiroyuki Futai e del gruppo di ricerca di Hiroshi Ohmori della Nagoya University32. Ed è stata poi anche curiosamente riprogettata la facciata della passione della Sagrada Familia. Si tratta di una ricerca coordinata da Jane Burry della RMIT University di Melbourne, volta a studiare eventuali analogie tra i risultati di un’ottimizzazione topologica e le forme naturali originariamente concepite da Gaudì con modelli di funi catenarie33.


Edificio per uffici di Hiroyuki Futai

   Rispetto ai lavori di Heinz Isler e Frei Otto, l’ottimizzazione permette poi anche di mutare il concetto originario di form-finding, letteralmente mirato alla ricerca della forma ottimale, in quello che potremmo definire di ‘form-improvement34, cioè atto invece a migliorare le prestazioni di una configurazione spaziale preesistente, senza che per questo si debba raggiungere l’ottimo strutturale.

   Nel crematorio di Kakamigahara, per esempio, nessun modello fisico col quale ricavare l’inverso della membrana tesa35 avrebbe potuto tradurre in struttura l’idea dell’architetto Toyo Ito. Attraverso l’ottimizzazione, invece, la copertura fluttuante in calcestruzzo armato, figurativamente ispirata a una nuvola, è stata modellata in una prima fase come se fosse pura scultura, e in seguito affinata strutturalmente attraverso un’analisi di sensibilità, o Sensitivity Analysis (SA)36.

   Con questa tecnica di ottimizzazione, Mutsuro Sasaki riduce l’energia potenziale elastica della membrana di copertura, modificandone iterativamente la curvatura. Basandosi sul calcolo del gradiente, infatti, l’analisi di sensitività gli permette di automatizzare il tradizionale metodo progettuale di ‘trial and error’, e di evitare così un ripetitivo e lento processo di disegno/verifica della forma, che richiede molteplici lanci manuali di analisi strutturali FEM37.


Crematorio di Kakamigahara di Toyo Ito

   È la strategia utilizzata anche per il Grin Grin Park di Fukuoka e il Kitagata Community Centre di Gifu: altri due casi nei quali il progettista ha potuto considerare configurazioni spaziali free-form, strutturalmente sub-ottimali, solo grazie all’uso dell’analisi di sensitività38.

   Da semplici strumenti risolutivi, questa e altre tecniche di ottimizzazione numerica diventano, in architettura, efficaci strumenti esplorativi a supporto delle fasi concettuali del progetto. Per questa ragione, sono anche spesso identificate nella letteratura scientifica come strategie di ‘morfogenesi computazionale’39.

Le ricerche che da qualche anno conduco con Mario Sassone e altri colleghi del nostro gruppo si collocano a pieno titolo all'interno di questo filone40. L’obiettivo è chiaro: sviluppare e applicare tecniche di ottimizzazione per la progettazione architettonica, studiando in che misura, e secondo quali logiche, possano esse configurarsi anche come strumenti di pensiero41.

   Si parte sempre da un problema progettuale ben definito, cioè chiaramente formulabile in maniera parametrica. Per esempio, quando nel 2007 abbiamo riprogettato strutturalmente il crematorio di KaKamigahara, ne abbiamo rappresentato il guscio di copertura con una superficie NURBS in Rhinoceros: vincolati i suoi punti di controllo in corrispondenza dei pilastri, le coordinate spaziali dei restanti sono automaticamente diventate le variabili progettuali del sistema42.

Vi si abbina poi una strategia di ottimizzazione che, sulla base di uno o più criteri di selezione, svolge il ruolo di guida nel processo di studio e valutazione della forma architettonica. In parallelo con la geometria parametrica NURBS, abbiamo quindi sviluppato, attraverso uno script, un algoritmo genetico43. Si tratta di una tecnica di ottimizzazione meta-euristica che, ispirandosi al principio dell’evoluzione naturale, genera ‘popolazioni’ intere di soluzioni progettuali (in questo caso configurazioni spaziali free-form), tra le quali seleziona, e ricombina iterativamente fra loro, solo le migliori. Nel nostro caso, fa così metaforicamente sopravvivere quelle superfici NURBS che, dal punto di vista strutturale, presentano in media bassi valori di spostamento verticale.


   Un ultimo aspetto fondamentale dell’ottimizzazione è che non si limita però a risolvere unicamente questioni di statica, caratteristica invece intrinseca del form-finding basato sui modelli fisici. Tecniche come gli algoritmi genetici si possono usare, infatti, in tutti quei casi in cui una prestazione architettonica sia formulabile attraverso una funzione matematica e, tecnicamente parlando, sia quindi ‘minimizzabile’.

   All'interno del nostro gruppo di ricerca44, Tomás Méndez Echenagucia45 ottimizza così l’acustica delle sale da concerti, Dario Parigi studia la geometria e il comportamento cinematico delle strutture reciproche46 e Paolo Basso risolve problemi economico-costruttivi dei grid-shell a forma libera47.

   Quest’ultimo tema è di particolare interesse per società d’ingegneria come la RFR parigina, originariamente fondata da Peter Rice nel 1982. Ad esempio, nella realizzazione di progetti come la stazione TGV di Strasburgo, dove il grid-shell di copertura free-form è composto di elementi vetrati a forma quadrilatera, la presenza della doppia curvatura nelle lastre diventa economicamente non trascurabile48.

   Interi gruppi di ricerca lavorano su tale problema di ottimizzazione49 che, prima dell’avvento del digitale, non si poteva altrimenti risolvere. Tutt'altro che a forma libera erano quindi i primi grid-shell a maglia quadrilatera di Jörg Schlaich: per garantirne la costruzione con lastre di vetro piane, egli doveva infatti disegnarli attraverso rigide regole geometriche, cioè solo per traslazione e scalatura di curve generatrici50.

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Parametrico e ottimizzazione cambiano il modo di progettare l’architettura dalla sua concezione. La fabbricazione a controllo numerico ne trasforma invece le tecniche costruttive.

   La Son-O-House dei NOX e il muro parametrico di Gramazio & Kohler sono due esempi di come un’estrema complessità geometrica, gestita solo grazie al supporto dell’informatica, possa razionalmente realizzarsi attraverso il ‘file-to-factory’, cioè traducendo con delle macchine di derivazione industriale dei modelli digitali direttamente in costruzione51

   Le stazioni di Zaha Hadid per funicolare di Innsbruck sono invece un caso in cui le forme fluide dei grid-shell di copertura, riproducibili solo con l’uso di vetri a doppia curvatura, ancora richiedono costi di costruzione elevati. In pochi anni, potranno però ridursi con lo sviluppo di ‘casseforme dinamiche’, che permetteranno, cioè, una produzione industrializzata dei componenti trasparenti. A questo scopo, è nata ad esempio la piccola azienda start-up di Christian Raun Jepsen, ad Aalborg (DK), che sta attualmente testando un primo prototipo di ‘dynamic mould’ con getti di gesso e calcestruzzo52.



   Dopo un lungo periodo di progressiva separazione, con lo sviluppo delle tecnologie informatiche architettura e ingegneria si stanno gradualmente riavvicinando. È un fenomeno che ho qui semplicemente tentato d’introdurre e che personalmente chiamo ‘Engineering Architecture’.

PDF versione cartacea rivista Bloom


3 dicembre 2013
Intersezioni ---> SPECULAZIONE
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Note:
In questa versione web del testo, si sono aggiunti tutti i riferimenti web, l’asterisco* rimanda ai link di riferimento.

1 LYNN G., Folds, Bodies & Blobs: collected essays, La lettre volée, Bruxelles, 1998.*

2 SPUYBROEK L. (NOX), Nox - Machining Architecture, Thames & Hudson, Londra, 2004.*

3 Le più significative pubblicazioni di Marcos Novak sono:
NOVAK M., Next Babylon, soft Babylon, in “Architectural Design”, n°136, novembre 1998, pp. 20-29;* NOVAK M., Speciazione, trasvergenza, allogenesi: note sulla produzione dell’alien, in SACCHI L., UNALI M. (a cura di), “Architettura e cultura digitale”, Skira, Milano, 2003;* 
NOVAK M., “Architectural Design”, n°157, maggio-giugno 2002, pp. 64-71;
NOVAK M., Transmitting architecture, in “Architectural Design”, n°118, ottobre 1995, pp. 42-47.* * *

4 Il gruppo Objectile è format dagli architetti Bernard Cache e Patrick Beaucé.*


5 MIGAYROU F. (a cura di), Architectures non standard, Centre Pompidou, Parigi, 2004.*

6 CACHE B., BEAUCE P. (OBJECTILE), Vers une mode de production non-standard, in “Architectures non standard”, Centre Pompidou, Parigi, 2003 (pubblicato parzialmente). * Traduzione italiana a cura di Teresanna Donà: Verso un modo di produzione non-standard,pubblicato integralmente su ARCH’it, 5 gennaio 2004.*

7 Mennan Z., The question of non standard form, in “METU Journal of the Faculty of Architecture”, Vol.25, n°2, 2008, pp.171-183.*

8 Vedi ad esempio il recente numero di Architectural Design edito da Rivka e Robert Oxmanv: “The New Structuralism: Design, Engineering and Architectural Technologies”, luglio 2010.*
Sul termine ‘performative design’: OXMAN R., Performance-based Design: Current Practices and Research Issues, in “International Journal of Architectural Computing”, Vol.6, n°1.*
Sul termine ‘digital tectonics’: OXMAN R., Morphogenesis in the theory and methodology of digital tectonics, in “Journal of the International Association for Shell and Spatial Structures, Vol.51, n°165, pp. 195-205.*

9 Franco Purini, ad esempio, tenta una classificazione dell’architettura ‘digitale’ identificandone tre ambiti, tra loro compenetrabili e sovrapponibili: il primo strumentale, cioè non organico alla concezione progettuale ma puramente di servizio, un secondo creativo, complementare al precedente, e un ultimo utopico, cioè di pura sperimentazione virtuale. Partendo però da una base così generica, tale suddivisione diventa anch'essa troppo vaga e non aiuta quindi a comprendere le reali logiche del fenomeno. Il saggio è pubblicato in: PURINI F., Digital Divide, in SACCHI L., UNALI M. (a cura di), “Architettura e cultura digitale”, Skira, Milano, 2003.*
Un testo più specifico è invece: PICON A., Digital Culture in Architecture, Birkhäuser, 2010.*

10 Per una guida completa sulla tecnologia BIM vedi: EASTMAN C., TEICHOLZ P., SACKS R., LISTON K., BIM Handbook: A Guide to Building Information Modeling for Owners, Managers, Designers, Engineers, and Contractors, Wiley, 2008.*

11 L’intervista è interamente citata da Adams N., Skidmore, Owings & Merrill. SOM dal 1936, Electa, 2006, pp.34-36.*
Recentemente l’uso delle tecnologie digitali all’interno di SOM è stato discusso in una conferenza intitolata “Digital Design at SOM: The Past, the Present and the future”


14 AISH R., Extensible computational design tools for exploratory architecture, in KOLAREVIC B. (a cura di), “Architecture in the Digital Age: Design and Manifacturing”, Routledge, 2005, p. 17. *
Vedi anche: SHEA K., AISH R., GOURTOVAIA M., Towards integrated performance-driven generative design tools, in “Automation in Construction”, Vol.14, n°2, 2005, pp. 253-264.*

13 I progetti e le ricerche di Gramazio & Kohler sono raccolti in: GRAMAZIO F., KOHLER M., Digital Materiality in Architecture, Lars Müller Publishers, 2008.* 
Vedi anche: Converso S., Il progetto digitale per la costruzione: Cronache di un mutamento professionale, Maggioli editore, 2010, pp. 61-63, 82-87*; e YUDINA A., Matthias Kohler & Fabio Gramazio: Digital Empirics, in “Monitor”, n°56, 2009, pp. 50-65.*

14 Il modello parametrico del prototipo “Pike Loop” è ben descritto in: BÄRTSCHI R., KNAUSS M., BONWETSCH T., GRAMAZIO F., KOHLER M., Wiggled Brick Bond, in “Advances in Architectural Geometry 2010”, Springer, 2010, pp. 137-147.*

15 SPUYBROEK L. (a cura di), Research & Design: The Architecture of Variation, Thames & Hudson, 2009.*

16 MORETTI L., Forma come struttura, in “Spazio” (Estratti), giugno-luglio 1957. Anche in: BUCCI F.,MULAZZANI M., Luigi Moretti: Opere e scritti, Electa, 2000.*

17 MORETTI L., Ricerca matematica in architettura e urbanistica, in “Moebius”, n°1, pp. 30-53, 1971. Anche in: BUCCI F., MULAZZANI M., Luigi Moretti: Opere e scritti, Electa, 2000.*

18 Una buona introduzione storica sui vari standard di curve e superfici parametriche si può trovare in: ROGERS D.F., An introduction to NURBS: with historical perspective, 1°Ed., Morgan Kaufmann, 2001.*

19 PIEGL L., TILLER W., The NURBS Book, 2° Ed., Springer, 1995 (1966).*

20> CIAMMAICHELLA M., Architettura in NURBS: il disegno digitale della deformazione, Testo&Immagine, 2002.*

21 I dettagli del progetto del grid-shell della Fiera di Milano sono pubblicati in: SCHLAICH J., SCHOBER H., KÜRSCHNER K., New Trade Fair in Milan – Grid Topology and Structural Behaviour of a Free-Formed Glass-Covered Surface, in “International Journal of Space Structures”, Vol.20, n°1, 2005, pp. 1-14.*
Il progetto costruttivo del MyZeil di Francoforte è invece descritto in: KNIPPERS J., HELBIG T., The Frankfurt Zeil Grid Shell, in “Proceedings of the IASS Symposium 2009: Evolution and Trends in Design, Analysis and Construction of Shell and Spatial Structures”, Valencia, Spagna, 2009, pp. 328-329.*
Vedi anche: KNIPPERS J., Digital Technologies for Evolutionary Construction, in “Computational Design Modeling. Proceedings of the DMSB 2011”, Springer, 2011, pp. 47-54.*

22 LA MAGNA R., WAIMER F., KNIPPERS J., Nature-inspired generation scheme for shell structures, in “Proceedings of the IASS-APCS Symposium 2012: From Spatial Structures to Space Structures”, Seoul, Corea del Sud, 2012.*

23 AQTASH A., KATZ N., Computation and design of the antenna structure – Tower One, in “Proceedings of the 6th International Conference on Computation of Shell and Spatial Structures IASS-IACM 2008: Spanning Nano to Mega”, Ithaca, NY, USA, 2008.*

24 Non a caso alcune recenti pubblicazioni didattiche per lo sviluppo di script in architettura riportano il termine ‘tooling’ invece di ‘scripting’. Vedi ad esempio: ARANDA B., LASCH C., Pamphlet Architecture 27: Tooling, Princeton Architectural Press, 2005.*

25 Maggiori dettagli sono riportati in: CERUZZI P.E., Storia dell’informatica. Dai primi computer digitali all’era di internet, Apogeo Editore, 2005.*

26 È bene precisare che all'epoca scrivere codici significava perforare delle schede e non utilizzare editor di testo. Per i dettagli sulla storia della programmazione automatica si può consultare: WILKES M.,WHEELER D.J., GILL S., The preparation of Programs for an Electronic Digital Computer, The MIT Press, 1984, pp. 26-37*; e CAMPBELL-KELLY M., Programming the EDSAC: Early Programming Activity at the University of Cambridge, in “IEEE Annals of the History of Computing”, Vol. 2, n°1, 1980, pp. 7-36*. Vedi anche: CERUZZI P.E., Storia dell’informatica. Dai primi computer digitali all’era di internet, Apogeo Editore, 2005.

27 Lo stato dell’arte sul form-finding classico si può trovare in: OTTO F., RASCH B., Finding Form: Towards an Architecture of the Minimal, Axel Menges, 1996.* O anche in: HENNICKE J. et al., IL 10. Grid shells, Stuttgart: Institute for Lightweight Structures (IL), 1974; e in: ISLER H., New Shapes for Shells -Twenty Years After, in “Bulletin of the International Association for Shell Structures”, n°71, 1979.*

28 La potenza di calcolo è identificata da John Frazer come la più importante caratteristica dei computer nel suo libro “An Evolutionary Architecture”, edito dall’Architectural Association Publications nel 1995.*

29 Una buona introduzione sulle principali tecniche di ottimizzazione ingegneristica si trova in: DELLA CROCE F., TADEI R., Ricerca operativa e ottimizzazione, Esculapio, 2002.*

30 Vedi: CUI C., OHMORI H., SASAKI M., Computational Morphogenesis of 3D Structures by Extended ESO Method, in “Journal of the International Association for Shell and Spatial Structures, Vol. 44, n°141, 2003, pp. 51-61.* Il progetto di concorso per la nuova stazione TAV di Firenze è anche descritto in: SASAKI M., Flux Structure, TOTO, 2005.*

31 La tecnica ESO è stata originariamente sviluppata da Xie e Steven, i quali hanno pubblicato i loro risultati in: Xie Y.M.; Steven G.P., Evolutionary Structural Optimization, Springer, 1997.*

32 Vedi: LEE D., SHIN S., PARK S., Computational Morphogenesis Based Structural Design by Using Material Topology Optimization, in “Mechanics Based Design of Structures and Machines, Vol. 35, n°1, 2007, pp. 39-58.* Vedi anche: OHMORI H., Computational Morphogenesis: Its Current State and Possibility for the Future, in “International Journal of Space Structures”, Vol. 25, n°2, 2010, pp. 75-82.*

33 I risultati di questa ricerca sono stati inizialmente pubblicati in: BURRY J., FELICETTI P., TANG J., BURRY M., XIE M., Dynamical structural modeling: A collaborative design exploration, in “International Journal of Architectural Computing”, Vol. 3, n°1,* 2005, pp.27-42. Poi anche in: BURRY J., BURRY M., The New Mathematics of Architecture, Thames and Hudson, 2010.*

34 Il termine ‘form-improvement’ è stato coniato dal sottoscritto a puro scopo esplicativo, e non si riferisce quindi ad alcuna tecnica riconosciuta e consolidata nella comunità scientifica di riferimento.

35 Per inversione della membrana tesa s’intende quella procedura di form-finding che, sottoponendo a carico gravitazionale una superficie elastica priva di alcuna rigidezza flessionale, ricava prima uno stato di pura trazione, e ottiene poi dal suo inverso quello nel quale viga la sola compressione.

36 Il progetto del crematorio di KaKamigahara è stato pubblicato su: Casabella, n°752, febbraio 2007, pp. 30-37; Architectural Review, n°1326, Agosto 2007, pp. 74-77; Detail, Vol. 48, n°7/8, luglio/agosto 2008, pp. 786-790; The Plan, n°27, giugno/luglio 2008, pp. 42-52.

37 L’analisi di sensitività è spiegata brevemente in: SASAKI M., Flux Structures, TOTO, 2005.*

38 Ibid.

39 Da una conversazione informale con Makoto Katayama, professore presso il Kanazawa Institute of Technology, sembrerebbe che sia stato Yasuhiko Hangai, ex docente dell’università di Tokyo, il primo a coniare il termine inglese ‘Computational Morphogenesis’. Con tale nome, non è però chiaro se egli volesse mettere in risalto delle differenze rispetto alla pura ottimizzazione, o se intendesse invece crearne un semplice sinonimo. Ancora oggi, è usato in maniera ambigua nella letteratura scientifica, il più delle volte col mero significato di form-finding computazionale, cioè non basato su modelli fisici ma simulazioni al computer. È questo il caso di: BLETZINGER KAI-UWE, Form-finding and Morphogenesis, in MUNGAN I., ABEL J.F. (a cura di), “Fifty Years of Progress for Shell and Spatial Structures”, Multi-Science, 2011; o anche di: OHMORI H., Computational Morphogenesis: Its current State and Possibility for the Future, in International Journal of Space Structures, Vol. 25, n°2, 2010.*

40 Vedi ad esempio: PUGNALE A., Engineering Architecture: Advances of a technological practice, Tesi di Dottorato discussa presso il Politecnico di Torino, Aprile 2010.

41 Il rapporto tra tecnologia e pensiero è stato ad esempio affrontato da Walter Ong per studiare le differenze tra culture orali e quelle invece alfabetizzate. I risultati di tale ricerca sono pubblicati in: ONG W., Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Il Mulino, 1986.* Nello specifico delle tecnologie digitali, Donald Norman è probabilmente l’autore più interessante a riguardo. Si può citare ad esempio: NORMAN D., Il computer invisibile, 2a Ed., Apogeo, 2005.*

42 PUGNALE A., SASSONE M., Morphogenesis and Structural Optimization of Shell Structures with the Aid of a Genetic Algorithm, in “Journal of the International Association for Shell and Spatial Structures”, Vol. 48, n°155, 2007.*

43 Una buona introduzione sugli algoritmi genetici, in inglese Genetic Algorithms (GAs), si può trovare in: FLOREANO D., MATTIUSSI C., Manuale sulle reti neurali, Il Mulino, Bologna, 2002 (1996).* Libri tecnici più completi sono invece: GOLDBERG D.E., Genetic algorithms in Search, Optimizaion & Machine Learning, Addison-Wesley, Boston, 1989;* e MITCHELL M., An introduction to genetic algorithms, The MIT Press, Cambridge, 1998.*

44 Con “nostro gruppo di ricerca” intendo quella rete ufficiosa di ex studenti e dottorandi che, sotto la guida di Mario Sassone, iniziarono a lavorare presso il Politecnico di Torino sui temi della Morfogenesi Computazionale. Alcuni membri del gruppo hanno poi continuato le loro attività all'estero, ma tuttora mantengono regolari rapporti di collaborazione professionale.

45 Vedi: MÉNDEZ ECHENAGUCIA T.I., ASTOLFI A., JANSEN M., SASSONE M., Architectural acoustic and structural form, in “Journal of the International Association for Shell and Spatial Structures”, Vol. 49, n°159, 2008.* Vedi anche: SASSONE M., MÉNDEZ ECHENAGUCIA T.I., PUGNALE A., On the interaction between architecture and engineering: the acoustic optimization of a RC roof shell, in “Sixth International Conference on Computation of Shell & Spatial Structures: Spanning Nano to Mega, Ithaca NY, USA, 2008, p. 231.*

46 Vedi: PARIGI D., KIRKEGAARD P.H., SASSONE M., Hybrid optimization in the design of reciprocal structures, in “Proceedings of the IASS Symposium 2012: From spatial structures to space structures”, Seoul, 2012.* Vedi anche: PARIGI D., KIRKEGAARD P.H., Towards free-form kinetic structures, in “Proceedings of the IASS Symposium 2012: From spatial structures to space structures”, Seoul, 2012.* Sull'ottimizzazione delle strutture reciproche, si possono anche citare: BAVEREL O., NOOSHIN H., KUROIWA Y., Configuration processing of nexorades using genetic algorithms, in “Journal of the International Association for Shell and Spatial Structures”, Vol. 45, n°142, 2004, pp. 99-108;* e: DOUTHE C., BAVEREL O., Design of nexorades or reciprocal frame systems with the dynamic relaxation method, in “Computers and Structures”, Vol. 87, n°21-22, 2009, pp. 1296-1307.*

47 Vedi ad esempio: BASSO P., DEL GROSSO A., PUGNALE A., SASSONE M., Computational morphogenesis in architecture: cost optimization of free form grid shells, in “Journal of the International Association for Shell and Spatial Structures”, Vol. 50, n°162, 2009.* Una ricerca analoga è stata anche pubblicata da Mario Sassone e dallo scrivente in: SASSONE M., PUGNALE A., On optimal design of glass grid shells with quadrilateral elements, in “International Journal of Space Structures”, Vol. 25, n°2, 2010.*

48 Vedi: POTTMANN H., SCHIFTNER A., BO P., SCHMIEDHOFER H., WANG W., BALDASSINI N., WALLNER J., Freeform surfaces from single curved panels, in “ACM Transactions on Graphics (TOG) - Proceedings of the ACM SIGGRAPH 2008”, Vol. 27, n°3, 2008.*

49 Vedi ad esempio: POTTMANN H., ASPERL A., HOFER M., KILIAN A., Architectural Geometry, Bentley Institute Press, 2007.*

50 Vedi: HOLGATE A., The Art of Structural Engineering. The work of Jörg Schlaich and his Team, Edition Axel Menges, 1997.* Vedi anche: SCHLAICH J., SCHOBER H., Glass-covered Lightweight Spatial Structures, in ABEL J.F., LEONARD J.W., PENALBA C.U. (a cura di), “Spatial, Lattice and tension structures: Proceedings of the IASS-ASCE International Symposium”, Atlanta, 1994, pp. 1-27.*

51 Secondo i ricercatori del gruppo danese Digital Crafting, questo è un processo di automazione del cantiere che potrebbe in futuro anche configurarsi come un nuovo ‘artigianato digitale’.

52 Diversi ricercatori e compagnie start-up stanno lavorando su questo tema. Vedi per esempio: PRONK A., VAN ROOY I., SCHINKEL P., Double-curved surfaces using a membrane mould, in “Proceedings of the IASS Symposium 2009: Evolution and Trends in Design, Analysis and Construction of Shell and Spatial Structures”, Valencia, 2009, pp. 618-628;* e anche: RAUN C., KRISTENSEN M.K., KIRKEGAARD P.H., Dynamic Double Curvature Mould System, in “Computational Design Modeling: Proceedings of the Design Modeling Symposium Berlin 2011”, 2011.*

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