16 dicembre 2013

0053 [SPECULAZIONE] Un post dialogo con Luca Zevi curatore del padiglione italiano della XIII Mostra Internazionale di Architettura di Venezia 2012

di Salvatore D'Agostino

Il primo agosto del 2012 avevo proposto un’intervista a Luca Zevi, allora neo-curatore del padiglione italiano della XIII Biennale di architettura di Venezia 2012, ma per varie peripezie web le risposte sono arrivate il 6 dicembre 2013, qualche giorno dopo la nomina di Cino Zucchi1 come prossimo curatore del padiglione italiano 2014.

Ricordo che Luca Zevi aveva ‘articolato’ la sua esposizione in tre racconti:

L’oggi.
La narrazione del rapporto tra architettura, crescita, innovazione e industria: da Adriano Olivetti all'Architettura del Made in Italy.

Il futuro.
La proiezione vero il futuro: la sfida di Expo 2015.”Nutrire il pianeta” diventa una straordinaria occasione di riflettere sul rapporto tra territorio e ambiente, città e produzione agricola, e sul senso del “progetto” nel nord e sud del mondo.

La sfida.
Il Padiglione Italia, tradizionale sede della “mostra”, diventa prototipo di un nuovo modo di abitare che tiene insieme cultura dell’ambiente e green economy.








Tra analessi e prolessi ecco l’epilogo:

Salvatore D’Agostino Crede che sia possibile rilanciare una nuova stagione olivettiana senza analizzare le cause storiche e sociali del suo declino?

Luca Zevi Una nuova stagione che veda l’imprenditoria del Made in Italy impegnata nella formazione di una rete olivettiana animata da un grande progetto di riqualificazione del territorio italiano non solo è possibile, ma è assolutamente necessaria.

Le cause del declino della prospettiva avanzata da Adriano Olivetti sono state analizzate nel Padiglione Italia e nei molti convegni che vi si sono svolti.

Adesso è il momento di agire, pena un declino inarrestabile del nostro paese. I segnali, al momento, forse non sono confortanti, ma vale sicuramente la pena di continuare a provarci.

È ancora possibile parlare di ‘Made Italy’ senza un’analisi puntuale sulla realtà del ‘Made Italy’, la sua genesi e la sua, forse, involuzione?

Questa analisi abbiamo cominciato a farla in occasione della Biennale 2012 e stiamo continuando a svilupparla. La genesi del Made in Italy come “resistenza antropologica” dell’imprenditore italiano alla massificazione produttiva è ormai abbastanza chiara.

Non so se parlerei di involuzione del Made in Italy: piuttosto della necessità di una nuova strategia di fuoriuscita dalla crisi in corso, che colpisce duramente anche questo settore. Se vogliamo superarla, dobbiamo trasformare una sommatoria di individualità geniali in un sistema complesso, capace di agire in maniera sinergica nella direzione di una rigenerazione allargata del territorio italiano nella direzione della Green Economy, che è l’unico grande businnes possibile nei prossimi decenni.

Crede, osservando l’evolversi dell’evento, sia stato importante aver rilanciato l’Expo del 2015 come prospettiva per l’immediato futuro?

Expo 2015 ha assunto un tema importante, “Nutrire il pianeta”. Con il primo progetto, eminentemente paesaggistico, si è data un’interpretazione originale e pertinente a quel tema. Dal progetto alla realizzazione, come sempre, molte cose sono cambiate e ad oggi non sono in grado di prevedere l’esito finale.

Se sarà un grande momento di riflessione sull'inversione di tendenza che deve conoscere il nostro modello di sviluppo nei prossimi decenni, per uscire dalla crisi in cui siamo immersi e per rilanciare l’immaginazione di un habitat sostenibile, allora sarà valsa la pena di lottare per ospitare in Italia questa grande manifestazione internazionale.

«Qui dunque, nel luogo più puzzolente di tutto il regno, il 17 luglio 1738 nacque Jean-Baptiste Grenouille.» finiva così l’incipit de ‘Il Profumo’ di Patrick Suskind2. Questo finale sintetizza con estrema precisione la città di Londra nel pieno della ‘rivoluzione industriale’. L’addensarsi di cittadini verso i centri urbani industriali e la scarsa prevenzione ‘igienica’ portò, alla fine dell’ottocento, a elaborare le città secondo criteri di ‘salubrità’. Le città, per non soccombere alle continue epidemie, non potevano più essere improvvisate, ma serviva un accurato programma edilizio. Da lì a qualche decennio nacque la scienza urbana, dettata più da regole igieniche che estetiche, alla quale si diede il nome di ‘urbanistica’. All’inizio del novecento si svilupparono diverse idee di città caratterizzate dal rispetto verso l’ambiente ma percorrendo la storia concreta molte di quelle città hanno premiato i forti guadagni immediati immobiliari e industriali più che l’idea collettiva di ‘città salubre’. La sua sfida per il futuro, riprendendo quel puzzo descritto da Suskind, è stata la costruzione di un ‘prototipo di un nuovo modo di abitare che tiene insieme 'cultura dell’ambiente e green economy’, è stata recepita?

In parte sì, e lo dimostra il fatto che il Padiglione Italia da me curato ha continuato e continua a vivere ben oltre la chiusura della mostra veneziana. L’affermazione che la qualità architettonica è una forza produttiva, che un’azienda che voglia lanciare la sfida ai mercati internazionali ha necessità di autorappresentarsi attraverso il progetto, ha convinto grazie alla ricerca e alla ricca documentazione che abbiamo presentato.

È per questo che le architetture del Made in Italy, che abbiamo portato alla luce, stanno facendo il giro del mondo grazie all’esportazione della mostra in molti altri paesi.

Il suo progetto è stato selezionato tra alcuni inviti fatti dal Ministero dei Beni Culturali (ndr ricordo i nomi: Marco Brizzi, Fulvio Irace, Margherita Petranzan, Massimo Carmassi, Franco La Cecla, Edoardo Piccoli, Alberto Ferlenga, Massimo Moschini, Roberto Zancan e Cino Zucchi)3 a pochi mesi dall'apertura della mostra. Pare che anche per la XIV biennale non si sia ancora scelto il curatore (ndr domanda posta prima della nomina ufficiale di Cino Zucchi), mentre la maggior parte dei paesi partecipanti stanno lavorando da tempo all'allestimento per il proprio paese.4 Crede sia un problema, per un curatore, avere poco tempo per ideare forse la più importante vetrina sull'architettura del mondo?

È certamente un problema e mi ritengo baciato dalla sorte perché, avendo il tempo più ristretto mai concesso a un curatore (tre mesi), sono riuscito a sviluppare un discorso e a rappresentarlo in maniera efficace all’Arsenale. Si tratta di un risultato che non sarebbe stato assolutamente possibile se mi fossi trovato ad affrontare la sfida come professionista isolato. Poiché invece sono esponente dell’Istituto Nazionale di Architettura, che da oltre cinquant'anni sviluppa una riflessione propositiva sul territorio italiano, ho potuto mobilitare le energie soprattutto giovani presenti nell'Istituto – oltreché tanti studiosi di altre discipline che hanno collaborato con generosità e competenza - facendo di quest’avventura uno straordinario momento di elaborazione intellettuale e di progettazione architettonica profondamente condivise.

Ma sconsiglio vivamente dal ritentare la stessa strada, affidando nuovamente la curatela del Padiglione Italia all'ultimo momento. La prossima volta potrebbe non andare bene e l’immagine del nostro paese, non sempre edificante, potrebbe gravemente risentirne.

16 dicembre 2013

Intersezioni ---> SPECULAZIONE
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Note:

1 il 28 novembre 2013 - fonte Sole 24 ore - Edilizia e territorio - è stata ufficializzata la nomina di Cino Zucchi come prossimo curatore padiglione italiano della VIX Mostra Internazionale di Architettura di Venezia 2014. 

2 Tratto dal libro ‘Il Profumo’ di Patrick Süskind, 1985.*

3 Di seguito i temi proposti dai mancati curatori e la loro relazione in pdf:


4 Il blog zeroundicipiù in questi mesi ha monitorato le varie assegnazioni dei curatori dei padiglioni nazionali, peccato che non abbia riportato la scansione temporale delle nomine. Sembra interessante il il tema aperto da storefront, curatore del padiglione USA, che ha ricercato cinque detonatori creativi per rielaborare, riformulare, reinventare e discutere i progetti realizzati dagli architetti americani in tutto il mondo nel corso degli ultimi cento anni.

4 commenti:

  1. Salvatore, io ancora non ho capito il tuo parere a riguardo di Expo e Biennale, però..

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    1. archifetish,
      nessun problema, estrapolo un commento fatto il 20 luglio 2012 su 0977 (finExTRA) 19 luglio 2012 - ARCHITETTURA ITALIANA [176] Abstract Padiglione ‘green’ Italia (un lavoro fotografico su fb finito con la 999esima foto).

      EXPO 2015: «Il futuro di Luca Zevi si regge sull’Expo del 2015 un evento ‘carrozzone novecentesco’ ideato inizialmente dal team del ‘non solo architettura’ di Stefano Boeri e sminuito dalle amministrazioni dei clan padani ‘moglie e buoi dai paesi tuoi’ (sai quelli che invece del pizzo usano le tangenti, una forma edulcorata per non chiamarsi delinquenti).

      Dal ‘giardino planetario’ chic siamo passati alla ‘Cascina Sole delle alpi’ con rutto libero.»

      BIENNALE: «In sostanza Luca Zevi lancia una sfida nel 2012 utilizzando l’idea cara al ‘moderno’ ovvero il prototipo (in funzione di…) riportandoci indietro di cento anni stracciando le idee contro il ‘moderno asettico’ di suo padre, di un giovane Portoghesi che inaugura la prima Biennale ritornando sulla strada e iniziando il postmoderno maturato in seguito da Aldo Rossi, i radicali che si opposero proprio alla ‘protopizzazione’, il Made Italy del DESIGN che ruppe con il design ‘prototipo’ della scuola tedesca e infine (per chiudere l’elenco sarebbe più vasto) Giancarlo De Carlo con le sue idee ‘anti moderno’ ma non antimoderne.

      In pratica Luca Zevi ci fa entrare nel cul de sac del ‘nulla’ in chiave green economy.»

      Saluti,
      Salvatore D'Agostino

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    2. mi sembra siamo ancora in sintonia, purtroppo per noi ;)

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