29 luglio 2014

0015 Colloquio Italia ---> Inghilterra con Davide Del Giudice

di Salvatore D’Agostino

Dopo diversi dialoghi è arrivato il momento di eliminare da Wilfing Architettura la tag fuga di cervelli poiché quando sei anni fa nasceva, l’intento era quello, e continua ad esserlo, di smontare i luoghi comuni e capire, attraverso la voce dei protagonisti, la vita dietro le parole di plastica amate dai media mainstream. Dopo sei anni la retorica dei politici e la pigrizia del giornalismo italiano, bloccati come per incanto sulla parola ‘fuga di cervelli’, usata come calco mimetico per descrivere un problema senza mai analizzare le cause, mi porta a non reiterare più questo stereotipo privo di senso e a sostituirlo con una semplice indicazione - freccia - di viaggio.

Con questo dialogo a Davide del Giudice ci spostiamo, solo logisticamente, a Londra per parlare dell’architettura terrestre. Davide del Giudice non è un cervello in fuga è un architetto laureatosi nell’Università di Torino, ma che si è formato nel pianeta Terra, leggete il suo blog - o, se volete, un vecchio dialogo su Wilfing - per capire l’incredibile rete di relazioni che ha dilatato la sua cultura formativa. Dopo la laurea ha iniziato a lavorare, prima nello studio italiano, e adesso nello sede londinese di Zaha Hadid.



Salvatore D’Agostino In una breve biografia tratta dal Free Press magazine cityvision scrivevi:
"Davide Del Giudice: is an architect who deals with computational design and digital fabrication and currently is working at Zaha Hadid Architects."
Che cosa intendi per progettazione computazionale o fabbricazione digitale?

Davide del Giudice La progettazione computazionale è la disciplina che applica approcci computazionali ai problemi della progettazione, siano esse legate al design, all'analisi o alle espressioni estetiche. Lo spazio in cui viviamo è costituito da gradienti di dati-informazioni in continua evoluzione e cambiamento. Uno dei maggiori vantaggi degli strumenti parametrici è quello di poter informare i processi progettuali con flussi di dati accurati e variabili nel tempo e nello spazio.

La digital fabrication è il processo per il quale si ottengono oggetti tridimensionali partendo da disegni digitali. Le tecniche più utilizzate sono la stampa 3d che è una tecnica di tipo additivo e il laser cutting o la fresatura CNC che sono tecniche di tipo sottrattivo.

La rapida velocità di realizzazione di modelli e prototipi ha portato ad un costante miglioramento delle tecniche e ad un abbassamento dei costi sia per quanto riguarda il materiale che l’hardware che produce i modelli. Macchine che stampano 3d homemade sono molto diffuse e accessibili a tutti. La fabbricazione digitale è molto di più che una semplice stampa 3D. Si è creata una vera e propria community sia virtuale che reale (i fab-lab) dove si possono condividere idee, tecnologie e modelli digitali. Progettazione computazionale e fabbricazione digitale sono la mente e il braccio del computational designer.

Quali sono le fasi di un approccio computazionale? 

Dall'uso di metodologie di disegno manuali agli strumenti sperimentali del design generativo le tecnologie hanno assunto un ruolo di impatto nel design architettonico. Il tema centrale di questi anni è se le tecnologie digitali possono aiutarci davvero a disegnare le città.

Sembra che stia nascendo una nuova epoca del design, con l’applicazione di questi strumenti è iniziato lo spostamento di scala da un prodotto architettonico ad un livello più macro e viceversa. Se prima si parlava di digital o parametric urbanism ora siamo tornati all'oggetto di produzione disegnato con sofisticati algoritmi generativi e realizzato con materiali intelligenti, da un sistema di rappresentazione del prodotto alla diretta materializzazione del prodotto attraverso processi specifici, definendo un nuovo bilanciamento tra autonomia dei processi e la volontà del designer.

Una moda attuale è il disegno computazionale applicato nel campo del fashion design, vediamo esoscheletri su corpi di modelle e superfici sempre più complesse generate dall'interazione di migliaia di agents che increspano le stesse superfici o le irrigidiscono o le rendono più performanti. La potenzialità degli strumenti digitali è forse stata sopravvalutata se li intendiamo come mezzi per creare migliori città del futuro, ma sottovalutata se li intendiamo per capire ed analizzare le nostre città attuali, navigando all'interno di esse per mezzo di nuovi percorsi.

Sfidando la celebre ortogonalità di Le Corbusier, gli strumenti digitali lavorano a favore di una ricerca della forma performante come faceva Frei Otto. La simulazione di agents per sistemi di adattamento complessi accoppiata alle strategie di form-finding è un percorso di ricerca che relaziona la materia con la forma. Gli strumenti digitali sono maturati fino al punto che scenari urbani possono essere previsti proiettando la ricchezza dei processi della vita contemporanea all'interno di un ordine urbano variegato e complesso. La domanda è se gli scenari urbanistici sono reali e se gli strumenti digitali possono diventare tradizionali e aspirare ad essere la rappresentazione delle dinamiche contemporanee e di un ambiente sociale imprevedibile.

Qual è il tuo processo creativo? 

II mio processo personale al computational design è la ricerca della correlazione formale negli oggetti che disegno. Secondo la distinzione della decomposizione funzionale VS quella formale prendo in considerazione tre tipi di correlazione: formale, funzionale e form-function. Quando disegno cerco di individuare questi tre tipi di correlazione con lo scopo di ottenere oggetti equilibrati nella forma e che rispondano a concetti di funzione quali l’utilizzo dell’oggetto stesso, capacità dei materiali che la compongono e resistenza propria dell’oggetto. Sono concetti molto semplici usati da secoli ma che con l’utilizzo di strumenti digitali acquistano un nuovo significato e molteplici scenari.

Le fasi ad un approccio computazionale sono l’individuazione di un problema da risolvere o di un design da raggiungere, la scomposizione del sistema complesso in molteplici sotto sistemi più semplici, lo studio della relazione dei vari sottosistemi, l’esplicitazione delle variabili del sistema, la traduzione dei processi nel linguaggio dello strumento che stiamo usando, la fase di debug (cioè svariati test per capire se il sistema funziona in diversi scenari) e infine la ricerca del design che soddisfa i requisiti che abbiamo imposto all'inizio del processo. La descrizione potrebbe confondere e portare il lettore a pensare che questo tipo di design sia completamente lineare, ma è tutt'altro.

Patrik Schumacher, in una lecture del febbraio 2012 all’Havard University, ha sostenuto che il disegno è morto poiché i progettisti invece di disegnare delle linee inerti con un righello sulla carta, stanno allestendo sistemi parametrici. Ci fai capire meglio questo nuovo mondo?

Il disegno a mano è stato abbandonato per lasciare spazio al disegno computazionale, non è un semplice passaggio dall'analogico al digitale ma si tratta di un nuovo processo di "costruire" il disegno di architettura. Ogni parte del sistema ha la propria funzione e bellezza e attraverso le relazioni stabilite dal processo di design computazionale ogni parte del disegno mantiene un'associazione con le parti reali dell'edificio diventando un intero sistema funzionante e intelligente.

Parlando del processo progettuale i team degli architetti lavorano con gli ingegneri e insieme coordinano il design attraverso un modello di scambio. Questo modello è descritto da un singolo o più script, una griglia strutturale e dei fogli di calcolo Excel che producono una singola superficie di riferimento che è usata come set-out per guidare la posizione della struttura, il cladding e la posizione dei solai. L'abilità che hanno entrambe le parti di lavorare su una superficie di riferimento come starting point permette di evolvere indipendentemente sullo sviluppo ingegneristico e sul dettaglio architettonico. Questa è l'unica via per assicurare la riuscita del coordinamento, perché il design strutturale si appoggia sulla superficie di riferimento e i dettagli del cladding di rivestimento su di essa. Durante lo sviluppo del design il disegno globale della "proto" superficie subisce diversi cambiamenti, la forma cambia dopo i vari feedback tra architetti e ingegneri attraverso una modifica sostanziale dello script mantenendo il design della proto superficie, questo permette modifiche globali al design dell'edificio e modifiche sostanziali al design di dettaglio, eliminando i tempi morti.

Sia gli architetti che gli ingegneri accedono al 3D finale e alle tabelle di valori in Excel come parte dei documenti di costruzione. L'uso di piattaforme parametriche (es.grasshopper) e strumenti di scripting (es. VB, C# e Python) permettono che il design possa venire testato e guidato con un alto livello di dettaglio da ogni subcontractors che può lavorare indipendentemente. Il focus di questo sistema che va dal parametrico verso il BIM e verso il processo di fabbricazione rimane fedele al design principale senza perdere la visione di coerenza estetica e la realtà costruttiva con le fasi di fabbricazione prima e di costruzione dopo.

Disegnare con strumenti parametrici significa poter disegnare più parti, più accuratamente, in ogni stage e infine costruire nuovi metodi per consegnare informazioni di costruzione. Mentre il disegno parametrico permette a noi di disegnare le variazioni il BIM è il processo attraverso il quale possiamo coordinare la costruzione.

Attualmente tutte le free form strutturali sono dei lattice system, cioè griglie tridimensionali, coperte dal cladding di metallo o vetro, perché questo è l'unico sistema che si può usare per negoziare le complessità geometriche con i costi di produzione. Il prossimo step sarà l'integrazione delle varie funzioni, come il trasferimento dei carichi o l'isolamento termico in sistemi multifunzionali. Questo richiederà nuovi strumenti per il design e nuove lavorazioni, ma più di ogni altra cosa nuove forme di interazione tra i vari designer, architetti e ingegneri coinvolti.

Michael Graves, in un articolo apparso sul New York Times, scrive: il disegno architettonico può essere diviso in tre tipi:
  1. referential sketch (schizzi referenziali);
  2. preparatory study (studio preparatorio);
  3. definitive drawing (disegno definitivo).
Il disegno definito, spiega Graves, ormai è universalmente affidato ai computer. Lo schizzo referenziale è un lavoro di scoperta quotidiana frammentato e selettivo, un diario visivo che potrebbe non contenere solo disegni ed hanno lo scopo di catturare un’idea e non può essere replicato al computer. Lo studio preparatorio è una progressione di disegni, via via sempre più dettagliati che elaborano un progetto. Come per lo schizzo referenziale non può riflettere il processo lineare espresso dal ‘disegno assistito’. In entrambi questi tipi di disegno c’è la gioia nel creare qualcosa che derivi dall’interazione tra la mente e la mano. In un disegno eseguito a mano, sia esso su una tavoletta elettronica o su un foglio di carta, ci sono intonazioni, tracce di pensiero e ragionamenti che non possiamo ritrovare in una progettazione parametrica. Il processo lineare del disegno assistito non contiene le emozioni di un disegno a mano libera e conclude: «un disegno a mano libera ci rende veramente vivi.»

La progettazione parametrica non è un processo lineare? o se vuoi: quali sono le tipologie di disegno per un approccio computazionale?

La caratteristica che contraddistingue un architetto da un altro è la sensibilità, una qualità che si traduce nella capacità di soddisfare l’esigenza umana usando codici e tecniche algoritmiche verso territori non previsti. Nella storia del disegno una limitazione importante nell’architettura è stata la rappresentazione dei territori: l’uso della prospettiva, il compasso e le proiezioni assonometriche hanno sempre avuto il compito di valutare e analizzare l’architettura, mostrandoci però sempre una visione limitata. La società contemporanea inizia a riconoscere i fenomeni complessi come aspetti del nostro mondo, gli architetti iniziano ad applicare modelli di complessità presi in natura attraverso algoritmi in modo più efficiente impiegandoli nella progettazione e fabbricazione e dotandosi di nuove competenze e strumenti digitali.

Queste tecniche consentono l’accesso a livello teorico ad un risultato tramite strumenti di programmazione. Lo ‘Script’ è l’azione di scrivere un semplice programma al computer per controllare e automatizzare risultati più complessi; una serie di operazioni possono essere automatizzate per produrre un risultato in risposta a una serie di input. I software si trasformano da strumenti per disegni semplici a motori che realizzano oggetti intelligenti. Ad oggi le tecniche di progettazione computazionali sono per lo più utilizzate per l’ottimizzazione, la razionalizzazione o l’ornamento di una superficie ma la nuova ricerca nel design sugli algoritmi si concentra invece nelle potenzialità intrinseche della computazione generando spazi e traducendo fenomeni naturali in algoritmi matematici e geometrici, con lo scopo di produrre sistemi auto organizzati. Questo nuovo mestiere computazionale crea coerenza e precisione all’interno di esplorazioni formali essendoci una cognizione che ridefinisce i vincoli attraverso pattern e codici e che progressivamente migliorano i metodi di fabbricazione digitale.

Creare quindi un sistema auto organizzato e quindi imprevedibile per quanto riguarda forma e consistenza finale significa scrivere un codice come sistema non lineare, cioè non più dettato da un processo causa-effetto ma da un processo regole geometrico spaziali – geometria imprevedibile.

Ecco alcuni link per approfondire: Agents in fashion design e agents in architecture: qui e qui.

In un tuo post del 2008 avevi coniato un termine CODE MONKEY per spiegare questa nuova evoluzione del lavoro dell’architetto, scrivevi: 

«Dopo l'uso della matita e del tecnigrafo siamo passati al mouse e agli strumenti cad, diventando dei cad monkeys. Il futuro sarà quello di creare i nostri disegni senza tracciare nemmeno una linea ma scriptnado i codici direttamente, diventeremo così dei code monkeys come i programmatori dei videogiochi. Uno strumento che i coder usano è appunto monkey, lo script editor che ha la funzione molto utile di debugger e di help sui rhinoscript che inseriamo. Il titolo del post è nato da una puntata che ho visto in tv su un nuovo cartoon x adulti. "I due vengono definiti ‘Code monkey’, espressione che indica in termini dispregiativi i componenti più giovani e meno esperti di un team di programmatori ai quali tocca scrivere codici su codici per sopravvivere.»

Dopo sei anni, in pratica un secolo fa per l’evoluzione dei linguaggi e delle tecnologie odierne, resta ancora valida la tua previsione sui cad monkeys?

La mia previsione resta valida e aggiungo che ormai è stata anche già superata. Se prima i code monkeys erano figure che operavano nell'ombra all'interno di un team progettuale ora questa figura professionale si è evoluta ed è parte integrante del team di progettazione. Facciamo un passo indietro e capiamo di cosa si tratta. 

Quando un architetto scrive un programma per risolvere un problema, ulteriori opzioni possono essere esplorate attraverso modifiche al programma scrivendo algoritmi. Un algoritmo è un particolare set di istruzioni che devono essere scritte in un linguaggio che il computer capisca, un codice.

Gli architetti disegnano i loro progetti usando linguaggi di scripting come RhinoScript (VBA o Python), JavaScript (Processing) ecc. per scrivere programmi che personalizzano il loro design all'interno del software di disegno. La potenza e la disponibilità di questi linguaggi di script si è diffusa grazie alla nascita di Grasshopper, un software di visual programming language che ha portato l'incremento dell'utilizzo dell'uso computazionale nella professione. Pensare in modo algoritmico significa prendere posizione nel ruolo interpretativo e capire i risultati che genera il codice, conoscendo come modificare il codice per esplorare nuove opzioni e speculando su eventuali sviluppi del design. Ci stiamo muovendo da un'era dove gli architetti usavano il software verso un'era in cui scrivono il software. 

Il computational designer costruisce il modello 3D e crea gli strumenti del disegno, ma la sua esperienza va oltre queste tasks. Egli genera ed esplora gli spazi architettonici e i concept attraverso la scrittura e la modifica degli algoritmi che sono relativi alla posizione degli oggetti, alla configurazione degli elementi e alla relazione tra gli elementi. La creazione di queste tools personalizzate prendono posizione durante il processo di design e diventano parte integrante di essa. Questi due punti sono la chiave per capire le possibilità del computational designer e il suo ruolo nelle pratiche professionali. Perché le tecniche computazionali siano utili, esse devono diventare flessibili e si devono adattare costantemente ai cambiamenti parametrici del design architettonico. La struttura degli studi di architettura sta cambiando in risposta al lavoro del computational designer, attualmente ci sono quattro figure professionali che fanno parte di questo mondo: gli specialist group interni allo studio, i consulenti specialisti esterni allo studio, studi di minore dimensione che fanno consulenza computazionale e gli sviluppatori e disegnatori del software. 

L'approccio più comune è avere i computational designers interni che lavorano insieme al team di designer. Essi esistono in grandi firme come Zaha Hadid Architects, Foster+Partners, Herzog &deMeuron, Grimshaw, Aedas, UnStudio, Som.

Dal maggio 2009 lavori presso lo studio Zaha Hadid, dove hai iniziato subito con un’installazione per la biennale ‘BAAM’ d'arte e di architettura del Mediterraneo di Reggio Calabria.

Progetto redatto per la biennale BAAM’

Qual è il processo formativo per un neo architetto all'interno di uno studio con una forte connotazione autoriale?


In un'intervista di qualche anno fa Zaha Hadid ha dichiarato che non ama quando i suoi collaboratori disegnano come se dovessero imitare il suo design ma che preferisce che i designer all'interno dello studio sperimentino un proprio stile personale, sempre fresco e maturo allo stesso tempo. È un susseguirsi di micro linguaggi che si amalgamano con coerenza al linguaggio architettonico della Hadid, rendendolo sempre innovativo e pronto a rispondere alle esigenze del cliente e del programma.

Per un neo-laureato lavorare in uno studio-atelier del genere è come sprofondare in un vortice di forme sperimentali, superfici e volumi fluidi che racchiudono al loro interno tutto ciò che è richiesto dal programma funzionale. La vera magia è riuscire a progettare "liberamente" usando forme continue che non si staccano da terra ma che si ergono come un involucro naturale e vedere come il tutto è pensato nel minimo dettaglio e che funziona; i vincoli progettuali ci sono ma sono completamente inglobati nel design dell'edificio stesso.La mia esperienza personale è stata al contrario molto più tecnica, lavorando su tematiche quali facciate controllate con strumenti parametrici, disegni esecutivi e di cantiere, discretizzazioni di geometrie complesse, automatizzazioni di processi ecc... Tutto questo però mi ha portato a scegliere una branca della progettazione che è quella del design computazionale. Solo nell'ultimo anno ho potuto lavorare progettando un edificio da zero e applicando le tecniche di modellazione poligonale per generare geometrie continue e coerenti al programma. Dopo questa esperienza ho partecipato a tre concorsi di design internazionali applicando ciò che avevo imparato e migliorando le mie skill, potendo così progettare degli oggetti di arredo che ho definito con il nome di "lusso accessibile".

Lusso accessibile”!? Mi spieghi meglio in che cosa consiste?

Gli oggetti che disegno li definisco appartenere ad un lusso accessibile, perché si inseriscono in una delle nuove tendenze di mercato seguendo le nuove strategie di prodotto adottate dai più famosi brand di lusso. È un lusso accessibile che fa riferimento non più alle caratteristiche intrinseche di un prodotto, ma a quello che rappresenta, ampliando così le prospettive alle quali siamo tradizionalmente abituati. Per un prodotto appartenente al nuovo lusso è opportuno utilizzare i migliori materiali e metodi di lavorazione. Per quanto riguarda la qualità, si parla di una via di mezzo tra l’artigianato e il bene di serie, parliamo quindi di “mass artigianal”. 

Mi fai vedere un esempio concreto?

Il Papilionidae table.












Facciamo un passo indietro, dicevi: «Solo nell'ultimo anno ho potuto lavorare progettando un edificio da zero»; mi potresti raccontare come si evolve un progetto nello studio-atelier di Zaha Hadid? quali sono i parametri iniziali? come viene costituito il gruppo di progettazione? che ruolo ha la figura, se c’è, di intermediazione tra Zaha Hadid e il gruppo? come vengono gestite le fasi intermediarie del processo progettuale?

Durante le esperienze progettuali che ho avuto negli anni passati presso lo studio ZHA ho lavorato sempre a progetti già in fase avanzata dove mi occupavo solo di parti specifiche dell'edificio. Nell'ultimo anno ho avuto l'occasione di partecipare ad un progetto per un cliente come direct commision e ho partecipato fin dall'inizio alla fase di design.

I parametri iniziali sono quelli dello studio del sito sotto il punto di vista dei collegamenti e degli accesi, il sistema del landscape e una prima versione del programma tradotto dai valori delle aree e dei volumi in blocchi tridimensionali assemblati già con una prima idea di connessione tra le parti. Successivamente si affina la continuità di questi protovolumi per mezzo di field parametrici per quanto riguarda il landscape e per mezzo di mesh-involucro che racchiudono al loro interno i blocchi del programma.

Le fasi progettuali sono molto veloci e intense, svariate versioni vengono prodotte per avere un catalogo ricco di opzioni progettuali in stretta relazione tra il team di progetto e gli associate architects dello studio ZHA. Le fasi intermedie sono divise in mid term e final submission: la prima è una fase dove le diverse opzioni di progetto vengono presentate al cliente come prima proposta, nella seconda invece si scelgono solo le opzioni da portare avanti e si realizzano gli schemi architettonici, si definisce più in dettaglio l'involucro e gli interni e si producono render e filmati per il cliente, oltre al modello realizzato con tecniche di prototipazione rapida.

Dopo l'esperienza nello studio romano ti sei trasferito nella sede principale di Londra, che cosa è cambiato nella tua vita, dal punto di vista progettuale e lavorativo?

Dal punto di vista progettuale questa esperienza si sta rivelando molto formativa, c'è molta energia e creatività nello studio e poter seguire lecture all'interno dello studio e poter accedere ad un archivio di progetti in continua evoluzione è un'ulteriore possibilità per migliorare il proprio bagaglio culturale. I colleghi con cui lavoro provengono dalle migliori scuole di architettura o hanno un'esperienza precedente in altri studi internazionali, il clima è molto positivo e si cresce professionalmente di giorno in giorno. 

Come saluto finale mi fai uno screenshot del tuo attuale desktop - tavolo di disegno?

Eccolo:

desktop_delgiudice s.jpg

29 luglio 2014
  Intersezioni ---> Fuga di cervelli

2 commenti:

  1. in effetti sei-sette anni fa, quando intervistavi giovani architetti italiani all'estero (io ero l'emigrante parigino) si poteva ancora parlare di fuga di cervelli, poiché la maggior parte delle persone che lasciavano l'italia avevano in tasca lauree, dottorati e quant'altro. a giudicare dalla situazione attuale dell'emigrazione, direi che da almeno due o tre anni l'italia ha ricominciato ad esportare braccia. almeno qui a parigi, nei gruppi di italiani esuli, si trovano sempre più persone con lavori "comuni", per cosi' dire, dalla ristorazione (che era un settore trainante anche prima, ma ora è esploso) al lavoro manuale (dall'estetista all'elettricista). personalmente non mi sono mai sentito un cervello in fuga. a quanti mi consideravano un altro architetto andato all'estero a fare un'esperienza "figa", io rispondevo di essere un comune emigrante. le istituzioni italiane erano cieche e sorde allora come lo sono adesso, si ignora questo esodo, le cifre non sono note, ma la situazione è disastrosa.

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